Appello a favore dell’Europa

Vorrei lanciare un appello a proposito dell’Europa. Lo so, oggi se la passa male e tutti per un motivo o per l’altro le danno contro. Ma molti dei suoi critici sono troppo giovani per ricordare come si stava prima della Comunità Europea: e io sostengo che si stava peggio, e chiedo a tutti coloro che, come me, hanno visto abbastanza acqua scorrere sotto i ponti, di ricordare agli altri quello che c’era. Io ricordo code per qualsiasi cosa, non appena cercavi di mettere il piede fuori d’Italia: anche solo per andare a Lugano ti controllavano dalla testa ai piedi, e anche a me bambino scrutavano la carta d’identità (e i grandi con fare un po’ misterioso commentavano il fatto che era facile andare in Svizzera, perché non serviva il passaporto, questo oggetto per me misterioso che sapeva di James Bond e 007). Quando poi, un po’ più grandicelli, si andava da qualche altra parte bisognava fare le code in banca per ordinare la valuta del paese in cui si andava (e poi un’altra per ritirarla: non c’erano i bancomat e le carte di credito erano una roba da americani). Siccome era pericoloso portarsi dietro in contanti tutti i soldi per le vacanze, bisognava fornirsi di un oggetto credo ormai definitivamente sparito, ovvero un blocchetto di mitici traveller cheques; e solo a questo punto ci si poteva mettere in coda per passare le frontiere. Certo, chi vive a Clusone e pensa, in tutta sincerità, che scendere fino a Bergamo sia un viaggio, può anche pensare che la facilità di movimento che abbiamo grazie all’Unione Europa (e agli accordi di Schengen che ne conseguono) sia del tutto inutile, una cosa strana per gente strana. Ma per chi ha provato a scorrazzare per il cuore dell’Europa tra Milano e Strasburgo, o Amsterdam, o Francoforte, attraversando quattro o cinque paesi senza doversi mai fermare perché qualcuno gli chiede il passaporto, non è neppure pensabile l’idea di tornare a come si faceva prima.

Ma non era solo nei viaggi che le cose erano diverse (e peggiori). Io ricordo i vigili del fuoco italiani di quand’ero bambino, e cioè i primi anni Sessanta. Sono sicuro che anche all’epoca fossero bravi e coraggiosi, ma perfino io, senza avere nessuna conoscenza di tecnica e di scienza, avevo la percezione che i mezzi, gli strumenti, perfino i vestiti (che per i pompieri però sono uno strumento essenziale per il loro pericoloso lavoro) fossero «brutti» (come ingenuamente mi sarei espresso all’epoca se qualcuno me l’avesse chiesto): in realtà erano obsoleti, residuo di un modo semiautarchico di affrontare il problema della sicurezza che (forse, non ne sono sicuro) rimandava agli anni della guerra. L’Europa ha imposto standard diversi: e oggi le macchine che sono andate ad Amatrice o che spengono gli incendi a Palermo sono uguali a quelle che potreste vedere ad Amburgo o Rotterdam, guidate da uomini che hanno le stesse solide, efficienti uniformi e si muovono secondo procedure che sono ormai standardizzate in tutto il vecchio Continente.

E lo stesso si può dire per i tram (certo che i «tranvài de Milàn» sono romantici, con le loro belle e durissime panchine in legno; ma avete mai provato i tram di Strasburgo?), i treni, i trattori, gli uffici postali… Ho provato a entrare in un ufficio postale a Litakià, isola di Zante, Grecia: era identico, nell’aspetto, a quello di Pioltello, Lombardia, Italia; e tutti e due erano praticamente uguali, o almeno ragionevolmente confrontontabili, a quello di place Kleber, Strasburgo, Francia. Io ho memoria di una esperienza da incubo, nei primi anni Ottanta, con l’ufficio postale di Pisciotta, Salerno, Italia: uno stanzone scostato e sporco, soffocante e brutto, dove bisogna accalcarsi tutti insieme per strappare agli altri un posto in prima fila per essere serviti).

Quando nel 1989 andammo a votare per il primo Parlamento Europeo votammo anche per un referendum di indirizzo su quello che la Comunità Europea sarebbe dovuta diventare. Sono andato a cercarmi il quesito esatto: “Ritenete voi che si debba procedere alla trasformazione delle Comunità europee in una effettiva Unione, dotata di un Governo responsabile di fronte al Parlamento, affidando allo stesso Parlamento europeo il mandato di redigere un progetto di Costituzione europea da sottoporre direttamente alla ratifica degli organi competenti degli Stati membri della Comunità?” Stravinsero i sì (88% contro 12%). Si era prima di Mani Pulite e Tangentopoli: la cosiddetta Prima Repubblica stava arrivando al capolinea della sua involuzione bizantina (ricordo che dalle indagini successive emerse che al Trivulzio di Milano era lottizzato perfino l’incarico di giardiniere). La percezione che avevamo (o almeno: che io avevo, ma penso che fosse condivisa da molti) era che l’Europa avrebbe potuto costringere l’Italia e gli italiani a essere migliori: e tutto sommato continuo a pensarla nello stesso modo.

Perciò teniamoci l’Europa, con tutti i suoi problemi. E’ meglio di quello che c’era prima.

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