E’ evidente che la divisione soggetto-oggetto, tipica della cultura filosofica occidentale moderna (vedi Cartesio) è la condizione di possibilità del dominio, anche se non saprei dire se sia anche finalizzata al dominio (ossia: non so dire se gli occidentali volessero prima il dominio e QUINDI – in senso causale – hanno immaginato un mondo del tutto oggettivato, oppure hanno prima immaginato il mondo oggettivato e QUINDI – in senso temporale – hanno capito che potevano dominarlo.) In ogni caso pensavano (e speravano) che modificare una res extensa del tutto estranea alla coscienza non avrebbe portato alcun cambiamento alla coscienza stessa. Come avrebbe potuto, dal loro punto di vista? Res cogitans e res extensa sono pensati sin dall’inizio come termini contradditori, che non hanno nulla in comune per definizione. Ma le cose non stavano (e non stanno) così. La coscienza in quanto apertura all’altro lo comprende, lasciandolo sussistere nella sua alterità: e cambiare l’altro (ossia: l’oggetto) implica perciò anche cambiare la coscienza (sia a livello individuale sia a livello collettivo, sociale e politico – in senso ampio). Questa è la ragione, per esempio, del fatto psicologico per il quale ci sentiamo meglio in una camera ordinata; ovvero che possiamo anche sentirci…
Ho sempre pensato che la menzogna nasca quando si crea una scissione tra l’essere e l’apparire, tra il modo in cui siamo e il modo in cui ci presentiamo, e che quindi sotto il profilo etico l’obbiettivo sia cercare di ridurre al minimo questo iato. Tutti gli anni a scuola leggo con i miei ragazzi e ragazze il passo di Rousseau del Discorso sulle scienze e le arti in cui dice: “nessuno osa più apparire come è” per impostare una base filosofica per la critica alla nostra società dei social. Eppure alcuni episodi mi fanno dubitare di questa certezza. Sto pensando alla situazione che si è creata in Cina, dove dalla fine del 2022 i ragazzi protestano contro il regime semplicemente mettendo un foglio bianco davanti al volto. In Cina il bianco è un colore del lutto, e l’inizio della protesta era collegato a un incendio in cui erano morte delle persone. Ma subito la protesta era diventata politica, contro le restrizioni imposte dal governo per lottare contro il COVID. E poi era diventata globale, contro la censura imposta da Pechino: il foglio bianco come simbolo di tutto quello che si sarebbe potuto dire e che invece non si poteva…
Oggi, su La lettura del Corriere della Sera, mi sono imbattuto nella intervista a Christian Greco, direttore del Museo Egizio di Torino. Al termine del lungo colloquio con Fabio Genovesi, rispondendo a una domanda su quello ritiene di aver perso nella vita, Greco risponde: “Il tempo per la ricerca…Vorrei chiudermi in una biblioteca a leggere. Mi sento sempre più ignorante, una specie di analfabeta di ritorno”. Che cosa stupenda da dire e da pensare. E io devo confessare che arrivato a 63 anni mi sento proprio così. Ho letto e studiato tanto, ma avrei voluto leggere e studiare di più. Il cronista, anche lui colpito, chiosa che Greco “parla almeno dieci lingue e legge i geroglifici come noi i cartelli pubblicitari lungo la strada”, e io non mi avvicino nemmeno lontanamente a questi livelli di cultura. Eppure capisco perfettamente quello che vuole dire quando dice: “Mi sento sempre più ignorante”. Ogni volta che prendo in mano un libro sono divorato dalla curiosità di sapere cosa dice. Ma non è proprio curiosità, questa parola è sbagliata: lascia intendere che si tratti di qualcosa di futile e passeggero, qualcosa che appunto è una semplice curiosità, una domanda che si è posata sulla…
Sul Corriere della Sera del 21 aprile 2023 è apparso un importante articolo a firma Mauro Magatti sulle conseguenze culturali della cosiddetta intelligenza artificiale. Riportiamo prima l’articolo, poi la visualizzazione di una sua possibile analisi. IL PENSIERO, LA TECNOLOGIA E IL RUOLO DELLA POLITICA Corriere della Sera 21 apr 2023 Mauro Magatti Per rendere l’ambiente digitale amico della libertà e della democrazia bisogna investire sull’intelligenza umana e mantenere viva la relazione tra intelletto e spirito L’eredità inaspettata del Covid è una accelerazione tecnologica che ci sospinge sulla soglia di una nuova fase destinata a cambiare in profondità le nostre vite personali e collettive. Da un lato, l’arrivo di ChatGpt. Sbarcato sul mercato in anticipo di qualche anno rispetto alle aspettative, questo nuovo strumento di elaborazione avanzata del linguaggio naturale utilizza in modo potente e versatile algoritmi di apprendimento automatico (machine learning) in grado non solo di generare risposte simili a quelle umane all’interno di un discorso, ma anche di interpretare immagini e sviluppare autonomamente nuove forme di ragionamento. Un salto di livello lungo la strada iniziata nella seconda metà del XX secolo, che attribuisce un ruolo sempre più centrale all’elaborazione algoritmica nei processi conoscitivi e decisionali alla base della nostra…
La cronaca di questi giorni porta alla ribalta ancora una volta le proteste dei ragazzi dei licei milanesi che “soffrono di stress” per i troppi compiti e interrogazioni (da un lato) e per la pressione dei voti negativi che li spinge alla competizione (con casi estremi all’università di suicidio). Mentre leggo queste notizie sono agitato da sentimenti contrastanti: da un lato mi dico che è impossibile soffrire così tanto per una cosa del genere; dall’altro mi infurio al sospetto che i ragazzi, come si suol dire, “ci marciano sopra” e che in realtà vorrebbero essere lasciati in pace per farsi i cavolacci loro (che naturalmente non comprendono la lettura spontanea della Critica della ragion pura di Kant). Qui vorrei concentrarmi sul tema della “fatica” dello studio. Noi insegnanti la chiediamo, senza se e senza ma, e ci aspettiamo che venga fatta; i ragazzi soffrono e rispondono che non si sentono valorizzati, dato che i docenti alla fine nel dare i voti non ne tengono conto (ossia, non fanno entrare sul piatto della bilancia la sofferenza affrontata dai ragazzi in termini di tempo e di impegno). A volte mi pare che da parte degli insegnanti ci sia quasi una forma di…
Fare politica a scuola è lecito? Certamente no, se si intende con ciò fare propaganda a favore di un singolo partito; certamente si, se si intende con ciò sensibilizzare i ragazzi ai temi del bene comune sui quali si decide la qualità della vita di ognuno di noi. Per questo mi pare che uno degli argomenti più interessanti da affrontare nelle nostre lezioni in questi anni sia quello della città. E’ un tema apparentemente anodino, da confinare appunto sulle pagine di qualche manuale di storia, o al massimo di qualche paragrafo di qualche libro di storia dell’arte che affronti il tema dell’urbanismo. Eppure le città sono i luoghi in cui viviamo le nostre vite reali; sapere come si sono formate e quali logiche sottintendono è il modo migliore per riuscire a intuire come cambiarle per vivere meglio. Far crescere persone che abbiano coscienza di ciò e che, una volta diventate adulte, sappiano e vogliano almeno chiedere agli amministratori di render conto delle loro (degli amministratori) scelte, questo è già far (buona) politica. Se poi si riuscisse a dare vita a un incipit di incubatore di nuove idee per organizzare meglio la concretezza delle città, ancora meglio! Senza nessuna pretesa di…
Sono un insegnante delle scuole superiori e per lavoro devo parlare spesso con i colleghi a proposito dell’uso delle tecnologie informatiche a scuola, nell’insegnamento e nell’apprendimento. Il piano Scuola4.0 è stata l’ultima occasione per un confronto, sia pure veloce. Rimango sempre colpito dal fatto che la discussione sembra trasformarsi immediatamente in un confronto irrigidito, per non dire peggio, tra due schieramenti totalmente opposti: basta sollevare, anche per caso, il tema e subito qualcuno salta su a dire che lui è diverso, che a costo di sembrare arcaico vuole rimanere fedele al buon vecchio modo di studiare. Quelli che invece sono a favore delle tecnologie informatiche richiamano l’attenzione sulla necessità di “tenersi al passo coi tempi” ed esaltano le capacità dei programmi e delle macchine come estensioni della nostra intelligenza. Se devo essere onesto, mi pare però che negli ultimi tempi i difensori dell’informatica siano meno incisivi e radicali di dieci o quindici anni fa. Resta il fatto che quando la questione arriva da questi parti sembra che persone intelligenti, pacate e normalmente razionali e capaci di analisi pacate si lascino completamente avvolgere dai più banali bias di conferma e appaiono sorde alle ragioni dell’altra parte. Ma perché questi steccati sembrano…
Midjouney sarà anche un copione che trae “ispirazione” dai migliardi di immagini già esistenti, ma resta comunque capace di produrre immagini inquietanti e “metafisiche”, come questa che potrebbe benissimo essere usata come punto di partenza per una riflessione sul tempo.
Io, l’umano: Spiegami per favore il concetto di Hen in Plotino Esso: In Plotino, l’hen è il principio supremo dell’essere, l’unità ultima e indivisibile che sostiene e dà origine a tutto ciò che esiste. È il principio trascendente e immateriale che sta al di sopra della materia e dell’intelligenza e che rappresenta la sorgente dell’essere e della conoscenza. Hen è traducibile con “uno” o “unità” e rappresenta la fonte di tutte le cose, il principio originario da cui tutto ciò che esiste deriva. Plotino sostiene che l’hen è ineffabile e inaccessibile alla comprensione umana, poiché trascende ogni possibilità di conoscenza e descrizione. Tuttavia, l’uomo può avvicinarsi all’hen attraverso la contemplazione e l’unione con essa, che consente di superare la dimensione sensibile e intellettuale e di accedere alla verità ultima. Nella sua filosofia, Plotino sostiene che l’hen è il principio originario da cui deriva la trinità dell’essere, composta dal Nous (intelletto), dal Psyche (anima) e dal Mondo sensibile. L’hen è quindi visto come la fonte dell’essere e della conoscenza, e come il principio ultimo verso cui l’uomo deve tendere per raggiungere la verità ultima e la beatitudine. In sintesi, l’hen in Plotino è il principio originario e ultimo dell’essere, l’unità suprema…
Cercando di tirare le somme di quanto si legge a proposito dell’educazione mi pare di intravedere alcune cose. Prima di tutto, parlare di educazione è una continua scoperta dell’acqua calda. Dewey e Montaigne dicevano già le cose che sappiamo adesso, e che sapeva anche Socrate, ossia che il “progatonista” del processo educativo è lo studente, non l’insegnante, e che tutto il “trucco” sta nell’attivare le sue (dello studente) capacità di apprendimento: non certo nel riversare conoscenze dall’uno (il docente) all’altro (il discente). Detto questo, ne viene di conseguenza che il lavoro dell’insegnare dovrebbe essere soprattutto un lavoro di “cura” one-to-one, ma non “peer-to-peer”. Per ragioni semplicemente economiche in occidente (ma anche in altre culture: certamente in quella araba, per esempio) è più conveniente creare un rapporto uno-molti (un docente di fronte a 20-30 studenti). E non appena si fa questo nascono tutti i problemi che sappiamo (lezione versativa, aula-teatro, e così via). Esistono modelli alternativi nell’ordinamento italiano? Si, ne esiste almeno uno: quello di “Strumento” nei C0nservatori. IN questo schema, approvato dal ministero e dalla burocrazia, si riconosce che il docente debba incontrare lo studente due volte a settimana per mezz’ora. In questa mezz’ora però il docente è tutto e…