Prendo spunto da un articolo di Farhad Manjoo per una immagine utile a descrivere la dinamica delle città. L’articolo di Manjoo (NTY 19 maggio 23) parla del cambiamento strutturale nel lavoro dopo la pandemia e della sua virata verso l’homeworking. La sua spiegazione è semplice: la gente odia fare il pendolare. Chi ci rimette? Le città, dice Manjoo, che “fanno affidamento sui ritmi dei pendolari giornalieri”. Questo è lo spunto. Circa 1.650.000 persone si spostavano giornalmente già nel 2011 per andare a lavorare a Milano (report del Comune di Milano, basato sui dati dell’ultimo censimento disponibile). Prova a immaginare questa massa di persone come una marea, che sale al mattino e si ritira alla sera. Pensate letteralmente a una marea, perché si tratta di uno spostamento fisico di una massa fisica che si disperde in mille rivoli saturando tutti gli spazi disponibili: non solo gli uffici, ma le strade, i marciapiede, i parcheggi, i bar, le tavole calde, le biblioteche, gli uffici comunali, e ancora le metropolitane, i tram, gli autobus. Come fanno le maree nell’oceano quando riempiono le barriere coralline, questo spostamento riempie di vita alla mattina la nicchia ecologica che lo ospita e che esso stesso contribuisce a…
Oggi, su La lettura del Corriere della Sera, mi sono imbattuto nella intervista a Christian Greco, direttore del Museo Egizio di Torino. Al termine del lungo colloquio con Fabio Genovesi, rispondendo a una domanda su quello ritiene di aver perso nella vita, Greco risponde: “Il tempo per la ricerca…Vorrei chiudermi in una biblioteca a leggere. Mi sento sempre più ignorante, una specie di analfabeta di ritorno”. Che cosa stupenda da dire e da pensare. E io devo confessare che arrivato a 63 anni mi sento proprio così. Ho letto e studiato tanto, ma avrei voluto leggere e studiare di più. Il cronista, anche lui colpito, chiosa che Greco “parla almeno dieci lingue e legge i geroglifici come noi i cartelli pubblicitari lungo la strada”, e io non mi avvicino nemmeno lontanamente a questi livelli di cultura. Eppure capisco perfettamente quello che vuole dire quando dice: “Mi sento sempre più ignorante”. Ogni volta che prendo in mano un libro sono divorato dalla curiosità di sapere cosa dice. Ma non è proprio curiosità, questa parola è sbagliata: lascia intendere che si tratti di qualcosa di futile e passeggero, qualcosa che appunto è una semplice curiosità, una domanda che si è posata sulla…
I’m There, You’re Not, Let Me Tell You About It
NEANCHE UNA BUGIA https://www.corriere.it/cultura/12_dicembre_14/elzeviro-di-stefano-ricordi-scritti-sopra-lenzuolo_493337f8-45e3-11e2-9abc-e1073f0961e6.shtml
Se l’esempio iconico della conoscenza seicentesca era la mappa prodotta in base ai rigidi principi della geometria, l’equivalente attuale sarebbe Google Maps, tecnologia che ci richiede solo di conoscere la destinazione, trasformandola in una serie di comandi di svolta a destra o a sinistra. Noi forniamo un obiettivo e Google Maps ci fornisce delle istruzioni. La funzione di Google Maps non è produrre un ritratto della realtà, ma eseguire un piano. … Svanito l’ottimismo iniziale nei confronti di «cyberspazio» e «comunità virtuale» però, è ormai sempre pió chiaro che Internet conserva parte del suo carattere militare. Che sia al servizio di grandi imprese come Facebook o di agenzie governative, rimane uno strumento estremamente efficace di sorveglianza, individuazione di modelli e controllo. … Se consentiamo che applicazioni e piattaforme ci intrappolino nelle reti digitali è in base alla promessa di un coordinamento più efficace: il mondo non ci diventerà maggiormente noto, ma diventerà più obbediente. Uber, per esempio, ci risparmia di dover conoscere i numeri, gli indirizzi o le mappe dei taxi, dandoci in cambio una tecnologia di comando. Il loro [scil. di realtà tecnologiche come Facebook] vero scopo è quello di fornire l’infrastruttura attraverso cui le persone incontrano il mondo….
Disponibile la versione elettronica de La pirateria nel Corno d’Africa, Educatt, 2018
Laura Esquivel è una scrittrice messicana che si ispira con tutta evidenza alla capostipite di tutta la letteratura femminile sudamericana, ossia Isabela Allende. I temi sono gli stessi: una storia di famiglia, un amore contrastato, la cucina come metafora della vita (forse), la presenza magica di forze e di persone che sostengono la vita quotidiana. Molto belle certe idee (lo stato d’animo della cuoca che passa nei cibi che prepara in quel momento e che attraverso i cibi si diffonde nei commensali), altre sono già viste (la “nonna” indigena che funge da collegamento con la sapienza non-occidentale o almeno non hispanica che si esprime appunto nella cucina). In effetti sembra per certi versi la rivisitazione della Casa degli spiriti della Allende. Comunque lettura piacevole e godibilissima.
Diciamolo subito: Quando mi riconoscerai non entrerà nella storia della letteratura. Lo stile è troppo piatto, i personaggi, soprattutto nel finale, sono sgrossati in modo troppo rozzo, la seconda parte della narrazione corre troppo. Il ilbro racconta storie parallele di generazioni diverse rispettivamente nell’Italia fascista immediatamente prima dello scoppio della seconda guerra mondiale e nell’Italia di fine secolo (il Ventesimo, per evitare equivoci): ragazzi che crescono e fanno le prime esperienze, ragazzi che cercano la propria posizione nel mondo trovando la propria identità, ragazzi che scoprono da dove vengono. Lo schema narrativo, che procede alternando i due piani temporali in modo piuttosto serrato, regge abbastanza bene all’inizio; poi nel finale si ha la sensazione di una certa fretta. Erba (che è un collega che ho avuto la fortuna di conoscere, sia pure in un momento difficile)
Il consumo che caratterizza la nostra epoca e la nostra società è caratterizzato da un pensiero «magico», non molto dissimile da quello dei «primitivi». Secondo questo modo di pensare, basta accumulare i «segni» della felicità, ossia quei beni materiali che normalmente sono considerati connessi in modo strutturale alla felicità, perché «miracolosamente» la felicità si realizzi in noi. Naturalmente ciò non avviene, ma questo non scalfisce il modo di ragionare «magico»: se qualcosa non è avvenuto, è perché abbiamo commesso noi qualche errore. È necessario purificarci e ritornare alla carica, fin quando, senza dubbio, i nostri desideri non si realizzeranno. Si tratta in realtà di una idea interessante. In effetti la stragrande maggioranza degli adulti occidentali è del tutto inconsapevole delle leggi scientifiche e sociali che stanno dietro gli oggetti. Le cose per loro accadono piuttosto magicamente: schiaccio un bottone e il PC si accende; muovo un dito sullo schermo, e qualcosa accade. Capire perché accade è complicato: in realtà non è nemmeno tanto importante, visto che io devo poter usare la tecnologia per un qualche scopo che è quello che mi interessa veramente. La tecnologia dovrebbe essere qualcosa di «trasparente», qualcosa cioè che esiste ma non si vede. Il mondo…
La società dei consumi, Il Mulino La tesi di partenza è quella secondo cui noi viviamo oggi, perlomeno in Occidente, una vita diversa qualitativamente da quella vissuta dalle generazioni che ci hanno preceduto. Ciò che contraddistingue la vita in Occidente oggi è l’abbondanza degli oggetti, ossia di ciò che noi stessi abbiamo prodotto in misura esponenziale grazie alle rivoluzioni industriali che si sono succedute tra il Settecento e la fine del Novecento, e che ora ci circondano anzi ci assediano: «gli uomini dell’opulenza non sono più circondati, come è sempre avvenuto, da altri uomini, ma da oggetti» [Baudrillard,1976-2010:3] Chiediamoci ora: esistono luoghi sulla Terra dove gli uomini sono circondati da uomini e non da oggetti? Si certo, sono i cosiddetti «paesi sottosviluppati», come la Somalia per esempio: una regione particolarmente sfortunata dal punto di vista climatico in cui le persone possiedono letteralmente quasi solo quello che si vede loro addosso quando vengono inquadrate da qualche smartphone esotico o dalla macchina fotografica di qualche reporter. Probabilmente anche Haiti e il Bangladesh corrispondono a una descrizione simile. Coloro che vivono in questi paesi sicuramente non sono circondati da una profusione cuccagnesca di oggetti. Indubbiamente è difficile pensare che siano felici. Tuttavia constatiamo…