Storia, materia impossibile da insegnare

Da qualche parte Aristotele sostiene che l’unica materia che si possa insegnare agli adolescenti è la matematica, perché è astratta: per tutti gli altri saperi è necessaria l’esperienza, che i ragazzi (non per colpa loro) non possiedono.

Questa affermazione mi è sempre sembrata molto sensata. La matematica viene universalmente percepita dagli studenti come un sapere “difficile” perché è l’unico che, strutturalmente, deve essere sempre saputo tutto e tutto insieme. E’ semplicemente impossibile affrontare un argomento più complesso (diciamo, per restare a livello di liceo, le equazioni di secondo grado) senza conoscere un argomento meno complesso (diciamo, sempre per restare a livello di esempio, le regole sulla formazione di polinomi). Generalmente nella prassi dell’apprendimento gli studenti sottovalutano la necessità di impadronirsi con sicurezza delle strutture più semplici della matematica e quando si accorgono che tali strutture, affrontate dai docenti negli anni precedenti, sono essenziali per poter operare sulle strutture più complesse degli anni successivi è spesso troppo tardi. Di qui il continuo stato di rincorsa e di affanno, portatori di stress, che caratterizza il percorso liceale di tanti ragazzi.

Ma si tratta di un andamento dovuto al comportamento dei ragazzi, non alla materia in sè. In matematica è molto evidente, forse più che altrove, la distinzione canonica tra:

  • conoscenze (la pura informazione)
  • abilità (la applicazione delle conoscenze in un contesto controllato dall’insegnante)
  • competenze (la applicazione delle conoscenze in un contesto NON controllato dall’insegnante, o almeno non completamente controllato dall’insegnante)

Le abilità sono essenziali per risolvere gli esercizi proposti dal manuale e dal docente, e questi rappresentano la quasi totalità dell’esperienza che i ragazzi hanno del “fare matematica”. Applicare la matematica alla realtà “vera” (chessò, prevedere quanti saranno gli studenti che si iscriveranno a medicina e a ingegneria partendo dalle percentuali note di studenti che leggono libri di fantascienza e di storia, o quanti saranno i monopattini circolanti sulle vie di Milano l’anno prossimo, essendo noti i numeri attuali e i tassi di vendita), non se ne parla, che io sappia: appunto, è una materia astratta e formalizzata, in cui il punto vero è comprendere l’algoritmo, ossia il “meccanismo logico” che presiede al suo funzionamento. Capito quello, e capito come applicarlo negli esercizi, il gioco (a scuola) è fatto.

Storia invece è il contrario. E’ un pozzo senza fondo di informazioni che bisogna conoscere per potersi orientare e dare corpo alle dinamiche di lunga durata che sostengono la storia. Parafrasando Kant:

I dati storici senza le dinamiche di lunga durata sono chiechi, le dinamiche di lunga durata senza i dati storici sono vuote

Il problema è che la massa di dati che si dovrebbe conoscere è sterminata e, quel che è più grave, è in continua crescita, perché il tempo universale non si ferma certo ad aspettare che i docenti di storia arrivino li dove è arrivato lui.

Posso dare due dati per riflettere:

  • quando ho scritto il mio libro sulle esplorazioni del XV secolo (un libro di appena 338 pagine) ho dovuto leggere almeno 200 libri (tanti sono quelli citati in bibliografia, ma so per certo dall’autore che ce ne sono stati molti altri che non hanno avuto il privilegio di essere ricordati a piè di pagina)
  • parlando più in generale, sembra ragionevole che su qualunque evento e su qualunque personaggio della storia sia stato scritto almeno un libro, e che per poter parlare con cognizione di causa di un evento bisognerebbe aver letto almeno un libro su di esso. Poiché ogni pagina di un manuale contiene (almeno) da 10 a 20 citazioni di eventi o personaggi, e che un manuale standard veleggia sopra le 600 pagine (cifra che va moltiplicata per tre), capite bene che l’ordine di grandezza della biblioteca che si dovrebbe posseder per poter dire di conoscere davvero la storia è notevole e impossibile materialmente da leggere (stiamo parlando di un minimo di 20.000 libri: anche leggendone uno a settimana, ci vorrebbero circa 400 anni per leggerli tutti).

Naturalmente nessuno pensa di studiare o di insegnare storia in questo modo, tanto che alla fine di docenti delle ultime generazioni sono ripiegati sull’estremo opposto e secondo le statistiche del ministero sono tra quelli che assegnano percentualmente il minor numero di debiti a settembre

Solo per fare un esempio concreto, ecco i dati di un prestigioso liceo milanese, il Volta, dove opera una benemerita Commissione statistica

Fonte: https://www.liceovolta.it/nuovo/images/stories/relazione_voti_giugno_2015-16.pdf

Meno debiti di storia sono assegnati solo da filosofia e da educazione fisica.

Insomma, storia è così difficile che alla fine è diventata facile. E’ davvero come noi docenti che la insegniamo avessimo gettato la spugna, ammettendo che la quantità di lavoro è talmente grande che non si può richiedere agli studenti.

Ma è proprio così?

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