Scheda di lettura Il femminismo è per tutti di bell hooks I numeri tra parentesi indicano le pagine della edizione italiana Il libro raccoglie il pensiero della filosofa femminista americana bell hooks (è lo peudonimo di Gloria Jean Watkins e va critto in minuscolo). Lo svolgimento muove approssimativamente dal centro individuale (la coscienza della singola donna) verso l’orizzonte della totalità (una totalità quasi metafisica, alla fine). Il primo punto quindi è l’insistenza sul tema della autocoscienza, intesa come un ripensamento continuo del proprio sé, anche nella relazione con le altre donne (relazione che viene indicata col termine «sorellanza»). Il secondo punto riguarda i «diritti riproduttivi», una espressione veramente brutta che però serve alla hooks per evitare di incagliare tutto il discorso esclusivamente sul tema dell’aborto. Il terzo livello, decisamente più «sociale», riguarda l’intreccio (che la hooks ritiene decisivo) tra lotta per i diritti delle donne, lotta di classe e lotta al razzismo. Tutte queste lotte sono solo frazioni di quello che è il vero obiettivo del femminismo, ossia i rapporti di potere e di dominio tra gli uomini, che impediscono il libero esprimersi della persona e quindi sono sempre causa di infelicità. Da questo punto la hooks si spinge a…
L’inserto ViviMilano del Corriere della Sera dell’8 marzo non poteva non essere dedicato alle donne, naturalmente. E qualche furbone in redazione cosa decide di fare? Un bell’articolo su “Donne (e idee) speciali” dove senza pensarci troppo vengono riproposti i più banali stereotipi possibili sulle attività che le donne possono praticare in modo “speciale”: c’è quella che si dedica a far giocare i bambini, quella che fa la pasticceria vegana, quella che si dedica alle feste di nozze, quell’altra che crea pupazzi all’uncinetto, un’altra che ha smesso di fare l’insegnante per inventarsi il lavoro di portare a casa tua la colazione insieme ai vasetti di fiori… Sia ben chiaro: sono tutte attività belle, curiose, stimolanti e appaganti in sè. Ma dove sono gli ingegneri, le informatiche, i chimici, le urbaniste, le analiste, le ricercatrici scientifiche, gli architetti… al limite anche gli avvocati? Non ci sono, nella lista del Corriere della Sera. Niente, proprio non ci arrivano. Le donne per fare qualcosa di interessante devono tornare alle attività di cura e reinventarsele. E’ vero: siamo messi proprio male (ancora) se anche il Corriere (gestione Cairo) ha questa idea delle donne.
La nozione di «forza» «Il vero eroe, il vero soggetto, il vero centro dell’Iliade è la forza… la forza è ciò che trasforma ogni essere vivente che le sia sottomesso in una cosa. Quando essa è esercitata fino in fondo, trasforma nel senso più letterale del termine un uomo in una cosa, rendendolo un cadavere».1 Così inizia il breve testo di Simone Weil (un trentina di pagine circa) sull’Iliade. L’essenza del fenomeno della forza è indicata nella sua capacità di «trasformare ogni essere vivente in una cosa», ossia nel contrario di un essere vivente. La forza (ma io direi piuttosto «il potere») ha la capacità di far cambiare di stato al vivente. Nella sua forma più violenta, la forza semplicemente uccide: un cadavere non è solo un corpo vivo che non si muove più, è una «cosa» dove prima esisteva un «essere vivente». La vita è l’opposto della morte, e la morte, per un essere vivente, è essere portato al livello di una «cosa». Una «cosa» in senso proprio viene mossa, cade, è spostata da altre cose o da altre forze, ma non è viva: non può morire. Solo un vivente può decadere da questo stato o essere fatto decadere…
Vestirsi nel Settecento era un vero lavoro per le signore e le ragazze