Io insegno filosofia e storia da quasi quarant’anni e tutte le primavere, più o meno in questo periodo, ho visto scene come quelle testimoniate dalla fotografia che vedete qui sopra: le case editrici ci mandano copia dei loro libri di testo per farceli visionare e possibilmente scegliere. I più giovani tra noi probabilmente non possono avere un’idea di quanto fossero incalzanti, per non dire asfissianti, i rappresentanti negli ultimi decenni del secolo scorso, quando internet si chiamava ancora Arpanet e stava solo nei film di fantascienza. Io all’epoca prendevo tutto e guardavo tutto, alla ricerca del libro se non perfetto, almeno adatto a me (per la cronaca, ho usato finché è esistito Il testo filosofico della Bruno Mondadori, mentre per storia ho sognato sopra L’operazione storica ripiegando però di volta in volta su testi più tradizionali). Il punto è che col passare degli anni il confronto tra tutti questi manuali di filosofia me li ha fatti sembrare tutti uguali. Ogni volta la casa editrice di turno proponeva quella che sarebbe dovuta essere una “novità” (una nuova antologia di testi, un nuovo apparato critico, le mappe concettuali, i riassunti a fine capitolo, le domandine preparate dalle ragazze in redazione…) e io…
Uno dei contributi più interessanti apparsi negli ultimi tempi nel panorama della didattica è il libro di Susanna Sancassani et alii La ricerca del giusto mezzo. Strategie di equilibro tra aula e digitale, pubblicato da Pearson colpevolmente solo in formato cartaceo. Prima di tutto, si tratta di un lavoro concentrato finalmente sulla didattica universitaria, estendibile (con qualche distinguo) a quella delle scuole superiori: non è uno di quei libri che promettono mari e monti e poi si scopre che parlano solo dei “bambini”, ossia studiano solo la didattica nella scuola primaria. La nozione centrale è quella di “Rete di apprendimento”, già presentata i Progettare l’innovazione didattica, sempre della Sancassani e sempre di Pearson, apparso nel 2019: l’idea chiave è riconoscere che il processo di apprendimento avviene quando gli attori dell’apprendimento si scambiano informazioni attraverso i canali che collegano gli attori stessi (Sancassani: 2023, 14). Il concetto di Rete di apprendimento si è sviluppato nella idea di Smart Learning Design 25 (SLD25) del nuovo libro: in mezzo, l’esperienza traumatica del Covid e della DaD. In effetti si percepisce fortissimo lo “stare nel tempo presente” degli autori, che fanno costantemente riferimento alle esperienze didattiche indotte dal lockdown come a un “acceleratore” di…
Sul Corriere della Sera del 21 aprile 2023 è apparso un importante articolo a firma Mauro Magatti sulle conseguenze culturali della cosiddetta intelligenza artificiale. Riportiamo prima l’articolo, poi la visualizzazione di una sua possibile analisi. IL PENSIERO, LA TECNOLOGIA E IL RUOLO DELLA POLITICA Corriere della Sera 21 apr 2023 Mauro Magatti Per rendere l’ambiente digitale amico della libertà e della democrazia bisogna investire sull’intelligenza umana e mantenere viva la relazione tra intelletto e spirito L’eredità inaspettata del Covid è una accelerazione tecnologica che ci sospinge sulla soglia di una nuova fase destinata a cambiare in profondità le nostre vite personali e collettive. Da un lato, l’arrivo di ChatGpt. Sbarcato sul mercato in anticipo di qualche anno rispetto alle aspettative, questo nuovo strumento di elaborazione avanzata del linguaggio naturale utilizza in modo potente e versatile algoritmi di apprendimento automatico (machine learning) in grado non solo di generare risposte simili a quelle umane all’interno di un discorso, ma anche di interpretare immagini e sviluppare autonomamente nuove forme di ragionamento. Un salto di livello lungo la strada iniziata nella seconda metà del XX secolo, che attribuisce un ruolo sempre più centrale all’elaborazione algoritmica nei processi conoscitivi e decisionali alla base della nostra…
La cronaca di questi giorni porta alla ribalta ancora una volta le proteste dei ragazzi dei licei milanesi che “soffrono di stress” per i troppi compiti e interrogazioni (da un lato) e per la pressione dei voti negativi che li spinge alla competizione (con casi estremi all’università di suicidio). Mentre leggo queste notizie sono agitato da sentimenti contrastanti: da un lato mi dico che è impossibile soffrire così tanto per una cosa del genere; dall’altro mi infurio al sospetto che i ragazzi, come si suol dire, “ci marciano sopra” e che in realtà vorrebbero essere lasciati in pace per farsi i cavolacci loro (che naturalmente non comprendono la lettura spontanea della Critica della ragion pura di Kant). Qui vorrei concentrarmi sul tema della “fatica” dello studio. Noi insegnanti la chiediamo, senza se e senza ma, e ci aspettiamo che venga fatta; i ragazzi soffrono e rispondono che non si sentono valorizzati, dato che i docenti alla fine nel dare i voti non ne tengono conto (ossia, non fanno entrare sul piatto della bilancia la sofferenza affrontata dai ragazzi in termini di tempo e di impegno). A volte mi pare che da parte degli insegnanti ci sia quasi una forma di…
I Livelli di Astrazione sono una nozione che si trova in Floridi, per esempio in Pensare l’infosfera (per esempio nel capitolo 2 a pag 55). se ho capito bene, consiste nel riconoscere che non posso porre domande “assolute” sulla realtà ma sempre “da un certo punto di vista”: per esempio, non posso chiedermi qual è “il significato” in generale del barattolo che ho davanti a me. Devo chiedermi prima di tutto da quale punto di vista mi sto ponendo (ovvero, a quale Livello di Astrazione – per usare la terminologia di Floridi – mi sto ponendo): sto chiedendo il significato del barattolo dal punto di vista del suo uso? è una zuccheriera. Sto chiedendo qual è il suo valore economico? Quattro o cinque euro. Sto chiedendo se può essere un ready-made alla Marcel Duchamp? Allora lo considero come un’opera d’arte, ovvero (interpreto io) come una manifestazione pura dell’essere. Floridi sembra escludere che si possa andare avanti, tranne in un punto (Floridi, Pensare l’infosfera, pag 116) in cui dice: è spesso più semplice iniziare con una dicotomia booleana, ma è altrettanto essenziale trattare tale dicotomia come qualcosa che offre, come in geometria, i due punti conosciuti alle estremità di una distinzione,…
La scuola superiore italiana alla sua radice nasce “umanistica” nel senso migliore del termine, ossia orientata all’umanità dell’essere uomo. Questo è probabilmente un risultato non voluto del suo essere classista per definizione: Gentile voleva che fosse la fucina che preparasse gli studenti alla università, che a sua volta essendo inserita in una Italia non ancora industrializzata puntava soprattutto sulle materie letterarie. Da qui l’idea della “formazione” della persona che rappresenta adesso un tesoro da proteggere. Forse in modo confuso, i docenti italiani hanno interiorizzato l’intuizione della Scolastica per cui “operari sequitur esse”, l’agire (in un certo modo) è una conseguenza dell’esistere (in un certo modo), e hanno concentrato la loro azione sull’ “esse”, lasciando che l’ “operari” ne derivasse come effetto quasi spontaneo. Il che è nobile e vero: rinunciare alla trasmissione dei valori come missione fondamentale del processo educativo è un errore capitale, anche se ha i suoi lati negativi. Come si fa a valutare l’ “essere” di una persona, per esempio? Valutare qui va inteso nel senso scolastico di “dare una valutazione” ossia un numero. L’essere non è nella categoria della quantità e quindi non ce lo si può ficcare a forza. I voti (in quanto numeri) vanno…
Sono abbastanza convinto che nel campo dell’educazione non ci sia niente di realmente nuovo sotto il sole. Per un verso ogni generazione è diversa dalla precedente, ma per un altro è identica. È impossibile credere davvero che oggi, nel 2023, si possa “inventare” (anche nel senso etimologico di “trovare”) qualcosa di realmente “nuovo” in questo campo. D’altra parte se nel passato tutti avessero sbagliato il modo di insegnare ai loro studenti, come sarebbe possibile che l’umanità nel suo complesso sia arrivata fin dove è arrivata (nei suoi lati migliori, è ovvio)? Perciò lo scontro che si rinnova ogni volta tra “conservatori” e “innovatori” non solo è deleterio ma è anche fondamentalmente sbagliato. Basta guardare con un po’ di atttenzione nel passato e si scoprirà che si sono sempre sapute le cose che oggi talvolta si spacciano come grandi “novità” didattiche (fatta la tara sulla tecnologia, naturalmente). Devo a Marco Magni di aver richiamato la mia attenzione sul Saggio XXVI del primo volume degli Essais di Montaigne, che tratta appunto della “Educazione dei fanciulli”. Montaigne scrive tra il 1580 e il 1588 (le lettere maiuscole A, B e C tra parentesi quadre che trovate nella citazione qui sotto si riferiscono appunto…
Zio è una webzine non banale che parla di come i giovani vivono la rete. Devo al suo curatore e autore Vincenzo Marino la “scoperta” di un fenomeno di cui io, come insegnante, sarei dovuto essere a conoscenza (e invece non ne sapevo nulla): il trionfale successo sui media di una canzone-spazzatura come Auto tedesca del rapper napoletano Vincenzo Pattera, in “arte” (si fa per dire) Packy (è la abbreviazione di pakartas, che in lituano significa “impiccato”). L’articolo (che potete leggere qui) in realtà è una intervesta a una ragazza di Palermo, Valeria Sampino, che ha tentato di reagire postando su TikTok un video in cui si limitava a chiedere se gli estimatori del rapper avessero davvero letto il testo della canzone (lo metto in fondo a questo post, mi vergogno troppo a inserirlo nel testo e d’altronde non voglio regalare nemmeno un clik a chi pubblica queste cose) ed è stata travolta da una classica shitstorm mediatica con decine di migliaia di commenti (pesantemente) negativi sul suo intervento. Una volta si sarebbe detto: “vorrei portare la mia solidarietà” a questa ragazza che ha fatto quello che noi “grandi” non abbiamo saputo fare: vigilare, guardare quello che guardano i ragazzini,…