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Cosa è il simbolo

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Presentazione

 

Cosa è il simbolo

Perché iniziamo con il simbolo?

Se lo sforzo e l'esigenza di trovare un significato nella vita sono così profondi e radicati nella coscienza umana, è improbabile che essi si siano manifestati nel passato solo con la nascita o l'esercizio della filosofia.
Se queste esigenze sono così importanti per la specie umana, è difficile immaginare che per centinaia di migliaia, o anche solo per decine di migliaia di anni l'uomo abbia potuto vivere senza cercare di dare loro una risposta. Allo stesso modo, se esse sono così radicate in noi come lascia intendere il testo di Bettelheim, è difficile credere che soltanto coloro che oggi si dedicano alla filosofia possano soddisfarle.

È più probabile invece che esistano nella psiche umana una via e un metodo per dare una risposta a tali domande di senso, in modo che tutti possano affrontare la vita.
Questa via è appunto il simbolo.


Cosa è il simbolo?

Cominciamo a dire cosa non è.

La parola «simbolo» ha subito infatti nel corso del tempo forti oscillazioni di significato e viene spesso mescolata e confusa con altri termini (come allegoria, segno o emblema) che vogliono dire tutt'altro. È necessario quindi iniziare il nostro lavoro con una precisazione terminologica, distinguendolo dagli altri termini.

Il «segno» è semplicemente un oggetto o una figura che «stanno per» un altro oggetto: un cartello stradale col nome di una città, per esempio, è un segno, perché «sta per», ossia indica un altra realtà precisa e chiaramente identificabile (la città, appunto). Un segno e ciò che indica si trovano sullo stesso piano conoscitivo: ho davanti agli occhi l'oggetto che funge da rimando all'altro oggetto; se sposto la mia attenzione posso senza difficoltà cogliere l'altro oggetto che viene indicato dal segno. Anche i cosiddetti «simboli matematici» non sono nient'altro che segni, accuratamente definiti, che «stanno per» concetti particolarmente astratti oppure operazioni tra questi concetti.


La «allegoria» è una raffigurazione, per lo più sotto forma umana ma talvolta anche animale e vegetale, di un concetto astratto: una statua di donna alata, per esempio, come quella che si trova sulla facciata del Museo del Prado, è l'allegoria della vittoria, una cornucopia l'allegoria della prosperità.


L'«emblema» infine è una immagine o una figura che viene adottata convenzionalmente per rappresentare un'idea o una realtà fisica o morale: uno scudo araldico per esempio è l'emblema di una famiglia nobile.


Il simbolo

Nella cultura greca il «simbolo» era originariamente un oggetto diviso in due, per esempio una suppellettile o un vaso che venivano spaccati a metà. Due persone, fossero ospiti l'uno dell'altro, oppure due pellegrini che si erano incontrati in un santuario lontano dalla patria comune, o ancora due innamorati costretti a una lunga lontananza, ne conservavano ciascuna una parte. Riaccostando i due frammenti e ricomponendo l'unità perduta i due protagonisti riconoscevano, incontrandosi, i legami che li univano. Presso gli antichi greci i «simboli» erano dei segni di riconoscimento che consentivano ai genitori di riconoscere a distanza di tempo i figli esposti. Per analogia la parola è stata poi utilizzata per indicare i gettoni che conferivano il diritto a percepire un salario, e quindi ogni forma di appartenenza.

L'origine della parola aiuta a capirne il significato profondo.


Nel simbolo è perciò essenziale l'idea del «rinvio a» qualcosa d'altro da sé, dell'apertura verso a qualcosa d'altro, che viene intuito ma non completamente afferrato, proprio perché si trova su un livello di realtà diverso da quello su cui si trova l'oggetto-simbolo (se non fosse così non sarebbe un simbolo, ma un segno, un'allegoria o qualcosa di simile).

Il simbolo quindi può essere descritto come un oggetto che funge da punto d'appoggio perché la psiche possa andare oltre e aprirsi a una dimensione più profonda e ricca della realtà.

In un certo senso, si potrebbe dire che «la prima funzione del simbolo è di ordine esplorativo... esso permette di cogliere in certo modo una relazione che la ragione non può definire perché un termine ne è noto e l'altro ignoto» [Chevalier-Geebrandt, 1986:XXII]. Anzi, lo psicanalista Carl Gustav Jung si spingeva a dire che il simbolo è «la migliore formulazione possibile di una cosa relativamente sconosciuta, che per questo non può essere rappresentata in maniera più chiara» [Jung, citato in Stevens, 2002:19].

Il simbolo, inteso come oggetto, in altre parole funge da ponte tra gli aspetti noti e quelli ignoti della realtà: nel momento in cui questi due aspetti vengono uniti, è come se scaturisse una sorta di energia psichica che si manifesta come una improvvisa percezione del significato, reale anche se non traducibile in parole.

Per usare le parole del grande psicanalista Jacques Lacan, «questo reale, non abbiamo nessun altro mezzo di apprenderlo – su tutti i piani e non solo su quello della conoscenza – se non grazie all’intermediario del simbolico»” []J. Lacan, Il seminario II, Einaudi, Torino, 2001, p. 111]


Il simbolo infatti esprime il mondo non come viene descritto dalla ragione, ma come viene percepito dalla psiche in tutte le sue dimensioni e capacità, comprese quelle inconsce. Esso funge da mediatore, grazie alla sua capacità di tenere insieme aspetti diversi del reale che non potrebbero convivere se venissero esplicitati in un discorso razionale e pienamente consapevole.

Qualsiasi oggetto può rivestire un valore simbolico, a seconda della cultura in cui viene vissuto e percepito, e anzi gli uomini possono creare simboli in qualsiasi momento, sia come collettività sia come singoli individui.


Perché un simbolo possa essere un efficace strumento di organizzazione della realtà, però, è indispensabile una partecipazione attiva della persona che lo sta guardando e vivendo: essere semplici spettatori passivi non basta. Questo spiega perché di fronte a una stessa esperienza o a uno stesso oggetto-simbolo due persone possano avere reazioni opposte: chi si lascia coinvolgere partecipa della dinamica innescata dal simbolo ed effettivamente vive in modo più intenso quella esperienza, mentre chi si chiude in se stesso (oppure chi per una diversa formazione culturale e personale è incapace di percepire il valore simbolico dell'esperienza che sta vivendo) rimane del tutto indifferente.

In particolare il simbolo, nella sua dinamica più profonda, assume quindi sempre una dimensione e un significato religioso. Naturalmente qui non ci stiamo riferendo alle religioni positive, come il cristianesimo o l'islamismo, ma alla religiosità naturale presente in ogni uomo, intendendo con ciò l'esigenza profonda della coscienza umana di identificare in un «Qualcosa» il significato ultimo e definitivo della realtà e della vita.
Le società arcaiche conoscevano un gran numero di simboli perché tutto, nel mondo naturale, poteva essere colto come simbolo ossia, il che è lo stesso, tutto poteva essere interpretato in senso religioso.

Noi percorreremo solo una breve panoramica sulle tipologie fondamentali di simboli:

per prima cosa partiremo dall'analisi simbolica delle due coordinate fondamentali dell'esperienza umana, ossia lo spazio e il tempo
poi passeremo ad analizzare simbolicamente la natura, di cui studieremo in Chiave simbolica i quattro elementi fondamentali (acqua, aria, terra e fuoco)
infine esamineremo alcuni simboli particolari che hanno una grande importanza nella storia dell'arte e nell'esperienza quotidiana.

 

 

Spazio e tempo


L'interpretazione simbolica dello spazio
Nell'uomo occidentale contemporaneo si riscontra oggi una profonda differenza antropologica rispetto all'uomo religioso delle culture tradizionali.
Tale differenza è visibile in molti aspetti della concezione della vita, e in primo luogo nella concezione dello spazio e del tempo, che rappresentano le due coordinate fondamentali attorno alle quali e sulle quali si organizza tutta l'esperienza e la vita dell'uomo.

Per la cultura religiosa e simbolica lo spazio non è omogeneo, ma diviso in zone qualitativamente diverse tra di loro:

quella sacra e
quella profana

La cultura occidentale, invece, materialista e non simbolica, dal Seicento in poi, ha interpretato lo spazio come qualcosa di assolutamente omogeneo , ossia come spazio geometrico indifferenziato, privo di centro e e di confini, nel quale valgono in ogni punto le stesse leggi che valgono in qualsiasi altro punto dello spazio.


L'esperienza religiosa e simbolica della non-omogeneità dello spazio (ossia la convinzione che lo spazio non sia tutto uguale, che esista un luogo che rappresenta il centro di tutto) è un'esperienza primordiale, paragonabile a una "fondazione del Mondo". Non si tratta di una speculazione teorica, bensì di un'esperienza religiosa elementare, anteriore a qualsiasi riflessione astratta o scientifica sul mondo che ci circonda.
Anzi, la costituzione o «fondazione» del Mondo per l'uomo religioso avviene proprio attraverso un gesto o un evento che individua il «punto fisso», il centro del mondo, l'asse centrale di ogni orientamento futuro, ciò che garantirà il significato e il senso di tutto quello che seguirà.


L'uomo «religioso» (nel senso della religiosità naturale e istintiva) non può neanche concepire di vivere in un Mondo non strutturato, amorfo, totalmente omogeneo
Per lui un mondo del genere non è neppure un mondo, ma un vuoto, un deserto, un qualcosa che è appena poco più che nulla.
Solo quando viene individuato un «punto fisso», un «centro» caratterizzato proprio dal fatto che lì si manifesta il sacro, possono manifestarsi un Mondo e una vita autenticamente reali, proprio in virtù di quella sorta di comunicazione tra i due mondi (quello divino e quello umano) che si è stabilita in quel punto.
Naturalmente, è possibile che una concezione astratta dello spazio conviva con un comportamento esistenziale opposto, ossia è possibile da un lato studiare e lavorare con il concetto dello spazio cartesiano, uniforme e amorfo, e poi dall'altro vivere concretamente una spazialità sacrale.
Di fatto però in Occidente l'esperienza religiosa vissuta è stata progressivamente erosa e questo ha portato a destrutturare lo spazio «vissuto» e questo a sua volta ci ha portati a considerare sempre di più ogni punto dello spazio come uguale a qualunque altro punto.

 

 

 

L'interpretazione simbolica del tempo

Come lo spazio, anche il tempo religioso è essenzialmente distinto dal tempo profano: il primo si ha là dove il sacro, manifestandosi, organizza e struttura il tempo secondo un ritmo particolare, mentre il secondo è il fluire temporale esterno al primo.

Come si può passare da uno spazio profano a uno sacro e viceversa, così è possibile passare la linea di confine tra il tempo profano e il tempo sacro.

Il Tempo sacro è ciclico, nel senso che si tratta di un Tempo primordiale che si rende di nuovo presente nel rito religioso.

«Partecipare religiosamente a una festa», annota il grande studioso di religioni Mircea Eliade, «significa uscire dalla normale durata temporale e reintegrare il tempo mitico riattualizzato dalla festa stessa».

Per l'uomo religioso la durata temporale profana, ossia il tempo normale e quotidiano, può sempre essere «fermata» periodicamente, inserendovi, attraverso i riti, un Tempo sacro, astorico (nel senso che non apparitene al presente storico).

Il tempo laico nella concezione occidentale è invece essenzialmente lineare e, sia pure vissuto con maggiore o minore intensità, comunque omogeneo. Lo sviluppo estremo di questa astrazione è la concezione scientifica occidentale, per il quale il tempo è completamente assimilabile allo spazio geometrico. In questo modo è possibile concepire il tempo come una cosa e perciò di organizzarlo in base a una sequenza di intervalli tutti uguali tra loro. La concretizzazione di quello che stiamo dicendo è quell'oggetto che quasi tutti gli occidentali portano al polso sinistro: l'orologio.

La percezione non religiosa del tempo è quindi profondamente diversa da quella religiosa. Anche l'uomo «profano» (ossia colui che vive la propria esistenza in modo non religioso) riconosce delle differenze qualitative nella propria temporalità, tuttavia ignora quella frattura che invece è tipica della percezione autenticamente religiosa del tempo. Quello che gli rimane è una specie quasi inconscia di memoria della differenza tra tempo sacro e tempo profano, che riemerge in occasione del fine settimana, quando imponiamo una trasformazione profonda ai nostri ritmi vitali.

 

 

 

I simboli della natura

La concezione sacrale della natura

Per l'uomo che vive ancora una dimensione religiosa, la Natura non potrà mai essere semplicemente «natura» nel senso che dà a questa parola la scienza moderna. Questa convinzione deriva dal fatto che il Cosmo dipende essenzialmente dal Dio che l'ha prodotto, comunque venga inteso questo rapporto. Il Cosmo per l'uomo religioso è impregnato di sacralità. È come se fosse stato fatto apposta perché l'uomo, contemplandolo, scopra in esso le molteplici forme del Sacro e quindi dell'Essere.

 

Lo scrittore cristiano san Basilio così scriveva in una sua Omelia:

"Se, talvolta, in una notte serena, fissando lo sguardo sulla bellezza inesprimibile degli astri, tu hai pensato all'autore dell'universo, domandandoti quale, tra questi fiori, abbia ricamato il firmamento e come, tuttavia, nel mondo sensibile, la bellezza ceda il passo alla necessità e se, ancora, ha considerato durante il giorno con spirito riflessivo le sue meraviglie, tu giungi quale uditore preparato... vieni dunque!" [san Basilio, Omelia 33, citato in Gerard de Champeaux, I simboli del Medio evo, Jaca Book, pag. 13]

 

 

 

La Galassia

 

 

Per san Basilio dunque la contemplazione del cosmo, e in particolare del Cielo, ha un particolare significato spirituale: è come una iniziazione, una preparazione, un avviamento alla conoscenza delle verità più profonde..

 

Esplorando la simbologia del Cosmo si possono identificare quattro simboli fondamentali
Cielo
Fuoco
Acqua
Terra

cui si aggiungono altri simboli particolarmente significativi, come il gruppo rappresentato dalle figure fondamentali (centro, cerchio, croce e quadrato) e altre più complesse come il labirinto, la montagna, l'albero o il pozzo.

 

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Link  
Montefosco Giorgio, I seni di Afrodite e il potere di Zeus (Corriere della Sera, 11 maggio 2012) E' il commento a  un antico testo Sui simulacri del filosofo Porfirio (III secolo d.C.) in cui vengono presentate alcune intuizioni interessanti sul ruolo del simbolo in rapporto all'arte e alla religione degli antichi. 
 Video in cui si vede lo studioso Alfio Tomaselli dell'associazione "Archeologia sperimentale" mostra come accendere un fuoco per sfregamento.
 Lucio Carraro, L'albero cosmico  Articolo divulgativo, semplice e chiaro, sul senso del simbolo dell'albero. 
 Antonietta Zanatta, Storia dell'arte Tra simbolo e Mito  Sito ricco e dettagliato, anche se solo espositivo, sul concetto di simbolo. Contiene una articolata esposizione di tutti i simboli principali.
 Simboli e simbologia, archivio del sito Centro studi la Runa  Archivio di testi pubblicati negli ultimi dieci anni.
 La Galassia sopra il Piton de l'eau di Luc Perrot  Una meravigliosa fotografia scattata dal fotografo Luc Perrot all'isola di Reunion. Il lago in primo piano è di origine vulcanica e si chiama Piton de l'eau; al centro si scorge il Piton de Neiges, il picco più alto dell'isola. Sopra gli alberi si staglia l'arco della Via Lattea. 
 Foto notturne di Luc Perrot  
   
   

 

Esercizi

Esercizio 1

Copia il testo in un file del tuo wordprocessor, riempi gli spazi e poi confronta con il testo originale

Ciò che il simbolo non è

La parola «simbolo» ha subito infatti nel corso del tempo forti oscillazioni di significato e viene spesso mescolata e confusa con altri termini (come allegoria, segno o emblema) che vogliono dire tutt'altro. È necessario quindi iniziare il nostro lavoro con una precisazione terminologica.
Il «(1)___________» è semplicemente un oggetto o una figura che «stanno per» un altro oggetto: un cartello stradale col nome di una città, per esempio, è un (2)___________, perché «sta per», ossia indica un altra realtà precisa e chiaramente identificabile (la città, appunto). Un (3)___________ e ciò che indica si trovano sullo stesso piano conoscitivo: ho davanti agli occhi l'oggetto che funge da rimando all'altro oggetto; se sposto la mia attenzione posso senza difficoltà cogliere l'altro oggetto che viene indicato dal (4)___________. Anche i cosiddetti «simboli matematici» non sono nient'altro che (5)___________, accuratamente definiti, che «stanno per» concetti particolarmente astratti oppure operazioni tra questi concetti. 
La «(6)___________» è una raffigurazione, per lo più sotto forma umana ma talvolta anche animale e vegetale, di un concetto astratto: una statua di donna alata, per esempio, è (7)___________ della vittoria, una cornucopia (8)___________ della prosperità. 
L'«(9)___________» infine è una immagine o una figura che viene adottata convenzionalmente per rappresentare un'idea o una realtà fisica o morale: uno scudo araldico per esempio è (10)___________ di una famiglia nobile.

 


 

 Esercizio 2

Copia la seguente tabella nel tuo wordprocessor, quindi riordina i testi della colonna di destra in modo che corrispondano a quelli della colonna di sinistra.

Il simbolo quindi può essere descritto come un oggetto che funge da

religioso. Naturalmente qui non ci stiamo riferendo alle religioni positive, come il cristianesimo o l'islamismo, ma alla religiosità naturale presente in ogni uomo

Presso gli antichi greci i «simboli» erano dei segni di riconoscimento che

oggetto diviso in due, per esempio una suppellettile o un vaso che venivano spaccati a metà.

Nel simbolo è perciò essenziale l'idea del «rinvio a»

punto d'appoggio perché la psiche possa andare oltre e aprirsi a una dimensione più profonda e ricca della realtà.

Nella cultura greca il «simbolo» era originariamente un

gli aspetti noti e quelli ignoti della realtà: nel momento in cui questi due aspetti vengono uniti, è come se scaturisse una sorta di energia psichica che si manifesta come una improvvisa percezione del significato

il simbolo, nella sua dinamica più profonda, assume quindi sempre una dimensione e un significato

 

non come viene descritto dalla ragione, ma come viene percepito dalla psiche in tutte le sue dimensioni e capacità

Di fronte a una stessa esperienza o a uno stesso oggetto-simbolo due persone possano avere

è indispensabile una partecipazione attiva della persona che lo sta guardando e vivendo

Perché un simbolo possa essere un efficace strumento di organizzazione della realtà, però

reazioni opposte: chi si lascia coinvolgere partecipa della dinamica innescata dal simbolo ed effettivamente vive in modo più intenso quella esperienza

Il simbolo funge da mediatore, grazie alla sua capacità di

consentivano ai genitori di riconoscere a distanza di tempo i figli esposti.

Il simbolo infatti esprime il mondo

qualcosa d'altro da sé, dell'apertura verso a qualcosa d'altro, che viene intuito ma non completamente afferrato,

Il simbolo, inteso come oggetto, in altre parole funge da ponte tra

tenere insieme aspetti diversi del reale che non potrebbero convivere se venissero esplicitati in un discorso razionale

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