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Kant filosofo del sistema del sapere

Da Spinoza a Hegel possiamo permetterci di parlare di età del pensiero filosofico in forma di sistema, dove per sistema si intende un tutto connesso in modo organico e compatto, il cui valore risiede nella coerenza delle sue parti e che va pensato attraverso la metafora dell’organismo. Sembra che sottesa al sistema vi sia la pretesa di spiegare tutto, dunque di concedere un potere illimitato alla ragione umana e ciò è un pregiudizio. I filosofi costruiscono sistemi per evitare l’erraticità o l’accidentalità del pensiero, aspirano a connettere le idee in modo coerente per evitarne la rapsodicità.

Il sistema kantiano non è una totalità chiusa e precostituita, ma ruota attorno a un ideale innovativo costantemente dichiarato da Kant stesso irraggiungibile. Vi è l’esigenza di costruire l’edificio del sapere, ma ad inquietare tale ambizione si trova un’erotica, un oggetto inseguito che costantemente sfugge.

Il sistema viene dunque costruito nella consapevolezza: si costruisce come se Dio, mondo, anima fossero oggetti del conoscere. Non è così, ma è necessario per costruire tutto ciò che viene prima. La consapevolezza è quella di muoversi nell’ambito del come se, eppure la molla della verità è ciò che rende consapevole che il tetto dell’edificio non verrà mai costruito. Si tratta di una finzione, ma è l’unico modo possibile per costruire il sistema della filosofia.

L’edificazione del sistema privilegia l’approccio epistemico e quest’ultimo si declina sia dal punto di vista formale sia materiale. Formalmente si tratta del metodo trascendentale, mentre l’aspetto materiale si declina come l’indagine sulla causalità meccanica nell’ambito dell’organismo.

Dal punto di vista formale si parla di critica perché siamo di fronte alla critica della conoscenza illusoria, che va a mettere in luce ciò che veramente spiega e fonda la conoscenza. Dal punto di vista materiale critica è l’elaborazione di un modo per conoscere ciò che si esibisce in natura, è preoccupazione di chiarire la realtà che la natura mi offre, ciò che esiste.

L’approccio epistemico è prioritario perché corrisponde all’esigenza di scientificità: la critica degli intenti della ragione va a corrispondere all’esigenza di costruire una filosofia scientificamente attendibile. E Kant ci consegna entrambi gli esiti.

Il primo profilo di scientificità è quello meccanico: il mondo è la natura come insieme di fenomeni retti da un meccanicismo che si trova dentro la natura perché è la ragione che ve lo proietta.

Nietszche criticando Kant chiarisce l’aspetto teleologico per cui il mondo è logico perché noi lo abbiamo logicizzato: la ragione proietta nel mondo la razionalità. La natura non è meccanica di per sé, ma noi non possiamo concepirla se non come un insieme di leggi meccaniche.

La scientificità ha dunque come paradigma la fisica e nella prima critica parla lo spirito della scienza newtoniana: l’uomo costruisce il mondo come una macchina perché cerca di rispecchiare se stesso in esso.

Se questa è la scientificità che ha come paradigma la fisica newtoniana, Kant non si mostra però pienamente soddisfatto di tale modello e già a partire dal 1796 si va delineando sempre più la critica a tale visione meccanicistica, poiché il sodalizio fra matematica e fisica può spiegare gli accadimenti ma non giustifica completamente la molteplicità dei fenomeni relativi agli organismi viventi. Occorre pertanto superare il punto di vista meccanicistico verso una filosofia della natura dinamica.

Ecco ritornare la strategia funzionale, che permette di guardare alla vita dell’organismo come se vi presiedesse il disegno finalistico di un Ente superiore, ma non si tratta di una finalità esterna alla vita bensì sempre intrinseca. Nell’organismo si può cogliere una causalità tipica dell’agire di un’intelligenza che muove verso un fine di cui possiede il concetto, e nel caso della vita organizzata tale fine può essere concepito solo come interno al vivente. Nella Critica del Giudizio questa finalità interna è esemplificata con il desiderio e nella natura ciò si traduce in finalità intrinseca, ossia la natura stessa si organizza perseguendo un fine interno ad essa.

Si tratta di un grosso guadagno. Abbiamo un’immagine che richiama in un certo modo la physis greca, poiché la natura è una natura generante e la genesi di prodotti non può essere spiegata solo con la causalità meccanica, ma bisogna ammettere l’esistenza di un impulso formativo, molla che dall’interno fa scattare il desiderio verso finalità successive. La natura è e deve essere ancora spiegata meccanicamente perché è l’unica immagine del mondo esatta dal punto di vista del paradigma scientifico, ma non è più una spiegazione soddisfacente dal punto di vista della ricerca di senso ed emerge pertanto la necessità di ammettere un impianto analogo a quello del desiderio nell’uomo.

Ecco il guadagno della Critica del Giudizio, che riesce nell’intento di tenere insieme necessità e libertà, e porta definitivamente a compimento la realizzazione del criticismo.

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