Si sente spesso dire che l’insegnamento dovrebbe essere “divertente”. Chi dice questo di solito afferma anche che in questo modo lo studio diventa meno noioso e pesante. A un livello un pochino più sofisticato, quanti sostengono che il processo di apprendimento/insegnamento dovrebbe essere “divertente” aggiungono che in questo modo si attivano processi emotivi che fissano l’apprendimento in modo molto più solido dato che coinvolgono aree diverse del cervello (quelle appunto preposte alla elaborazione delle emozioni e dei sentimenti). A mio avviso si corre qui il rischio di un equivoco linguistico dalle conseguenze nefaste. “Divertente” e “divertimento” ha in sé, come quasi tutte le parole, una gamma di sfumature semantiche molto ampia, alcune delle quali antitetiche tra loro. Chi usa la parola per qualificare l’azione dell’apprendimento/insegnamento naturalmente ha in mente soprattutto la gamma delle sfumature positive: una cosa “divertente” è qualcosa di piacevole, accattivante, che viene ricordata con piacere e che perciò viene ricordata spesso (appunto per assaporare almeno il ricordo di quel piacere). Tuttavia l’etimologia della parola rimanda inequivocabilmente al latino “de-vertere”, che significa qualcosa come “allontanarsi da”, “distogliere l’attenzione da”. La particella “de” è abbastanza inequivocabile. Il rischio consiste nel fatto che i ragazzi (ma non solo loro) recepiscano…