Nel settembre del 1587 il sovrano spagnolo Filippo II ordinò di iniziare i preparativi per la conquista dell’Inghilterra, che orami si era staccata dal cattolicesimo. Il suo piano era complesso, ma fu sul punto di riuscire: solo per una serie di cause concomitanti la Invencible Armada, come veniva chiamata la flotta spagnola salpata nel maggio 1588 alla volta della Gran Bretagna, non riuscì nel suo intento e fu praticamente distrutta dalle tempeste sulla via del ritorno.
Dopo essere sopravvissuta a questa minaccia, l’Inghilterra di Elisabetta I cominciò effettivamente a espandere il suo controllo sui mari.
Le battaglie nella Manica
Un primo tentativo di lasciare Lisbona già nel 1587 fu rinviato a causa del cattivo tempo e della morte del comandante dell’Armada, il marchese di Santa Cruz. La flotta finalmente salpò alla fine del maggio 1588 sotto il comando del duca di Medina-Sidonia, ma nuove tempeste costrinsero l’Armada a ripiegare nel porto spagnolo di La Coruña per riparare i danni il 19 giugno. Finalmente il 22 luglio la flotta di 138 navi mise di nuovo alla vela, e questa volta il tempo si dimostrò favorevole. L’Armada arrivò in vista dell’estremità sudoccidentale della costa inglese il 29 luglio. Medina-Sidonia sapeva che il grosso della flotta inglese era di base a Plymouth e si aspettava un attacco da un momento all’altro. Dispose quindi le sue navi in una formazione difensiva molto serrata a forma di mezzaluna, capace di respingere ogni assalto degli inglesi.
L’attacco previsto arrivò il 30 luglio quando l’Armada stava lentamente sfilando davanti alle coste del Devon. Il Lord Ammiraglio e comandante in capo della flotta inglese era Charles Howard, conte di Effingham, a bordo della nuovissima ammiraglia Ark Royal da 38 cannoni. Lo assistevano il corsaro sir Francis Drake a bordo della Revenge da 36 cannoni e sir John Hawkins sulla Victory (44 canoni), insieme a molti altri famosi corsari inglesi.
La battaglia al largo di Plymouth (30 luglio) non fu affatto decisiva perché gli inglesi scoprirono di non poter rompere la formazione dell’Armada. L’unica perdita veramente grave subita dagli spagnoli fu quella del galeone Nuestra Señora del Rosario (46 cannoni), che aveva subito dei danni in una collisione. Rimasto indietro rispetto al resto della formazione, fu catturato da Drake la mattina successiva.
Un’esplosione notturna danneggiò gravemente anche il galeone San Salvador (25 cannoni): la nave fu abbandonata dal resto della flotta e il suo relitto in fiamme fu catturato dagli inglesi. <br />Schermaglie a lunga distanza tra le due flotte durarono per i successivi due giorni ma all’alba di martedì 2 agosto gli spagnoli erano arrivati al largo di Portland Bill. Un altro scontro importante si ebbe quando gli spagnoli tentarono di tagliar fuori e distruggere un’aliquota consistente della flotta inglese comandata da Martin Frobisher. Frobisher riuscì a sfuggire alla trappola grazie ai capricci delle maree locali e si riunì al resto della flotta. Seguirono altri due giorni di scaramucce in cui gli inglesi tentarono senza successo di sconvolgere lo schieramento dell’Armada e disperdere la sua formazione.
Questa maestosa risalita della Manica lasciava perplessi gli inglesi, che si aspettavano un tentativo di sbarco sulla costa meridionale dell’isola. Finalmente il 6 agosto l’Armada spagnola gettò l’ancora al largo di Calais, lungo la costa di Gravellines, dove furono inviati messaggeri al duca di Parma. Le truppe avrebbero avuto bisogno di diversi giorni per imbarcarsi e perciò l’Armada rimase all’ancora, sorvegliata da quella inglese a due miglia verso ovest.
La battaglia di Gravellines
La flotta di Howard fu rinforzata dall’arrivo di una squadra che fino a quel momento era rimasta a guardia della costa sudorientale e l’ammiraglio convocò tutti i comandanti per una riunione generale.
Si decise di attaccare gli spagnoli dopo aver lanciato contro l’Armada all’ancora una formazione di brulotti, ossia di navi incendiarie. Al mattino presto di sabato 7 agosto le vedette spagnole scorsero otto vele inglesi dirigersi verso di loro nell’incerta luce che precede l’alba. Erano i brulotti. Il panico dilagò nella flotta e i galeoni tagliarono i cavi dell’ancora cercando di sfuggire ai vascelli in fiamme. Sebbene nessuna nave rimase colpita in questo attacco, il sorgere del sole trovò l’Armada dispersa, disorganizzata e non più in grado di ancorarsi di nuovo. Gli inglesi si lanciarono contro gli spagnoli e ne derivò una mischia furiosa. La battaglia di Gravelines fu un tremendo scontro a distanza serrata, in cui gli inglesi martellarono gli spagnoli tenendosi appena fuori del raggio d’azione dei loro rampini d’abbordaggio. Tre galeoni portoghesi andarono in secca e furono in seguito catturati dagli olandesi. I resti malconci dell’Armada si riunirono in mezzo alla Manica. Ogni possibilità di imbarcare l’esercito delle Fiandre era orami svanita e con ciò il tentativo di invasione poteva considerarsi fallito. Il duca di Medina-Sidonia prese la decisione di tornare in patria ma a causa dei ventri contrari gli spagnoli non potevano puntare direttamente verso ovest e ridiscendere la Manica. Il duca decise quindi si seguire una rotta più lunga puntando prima verso il mare del Nord, quindi girando attorno alla punta settentrionale della Scozia e infine tornando in patria rimanendo ben al largo delle coste dell’Irlanda.
Il disastro del ritorno
Il 12 agosto 1588 la flotta inglese che aveva tallonato l’Armada spagnola mentre si dirigeva verso nord tornò in porto, lasciando gli spagnoli liberi di navigare tranquillamente verso la patria. Non che gli inglesi si sentissero dei trionfatori: erano consapevoli che il nemico era ben lungi dall’essere sconfitto ed erano intimamente convinti che sarebbero ritornati (come infatti era loro intenzione). Ma la fortuna non era dalla parte degli spagnoli, perché la loro flotta fu sorpresa da un eccezionale cattivo tempo fuori stagione e la sua avanzata nel mare del Nord fu accompagnata da «continue tempeste, nebbie e groppi di vento». Molte delle navi, danneggiate, cominciarono ad affondare, ma la maggior parte di esse riuscì a passare tra le isole Orkney e le Shetland e ad entrare nell’oceano Atlantico. Una delle perdite più gravi fu quella del El Gran Grifon (38 cannoni), una nave carica di rifornimenti che fece naufragio a Fair Isle, tra i due arcipelaghi scozzesi più settentrionali. L’equipaggio passò l’inverno sull’isola prima di essere rimpatriato attraverso la Scozia.
La rotta dell'Invincible Armada.
Il testo è in tedesco ma molto dettagliato (da Wikimedia)
Per metà settembre il duca di Medina-Sidonia a bordo del San Martin (48 cannoni) si trovava da qualche parte a ovest dell’Irlanda, ma il resto della flotta era disperso per centinaia di miglia sull’oceano.
Il tempo peggiorò ancora e il 12 settembre la flotta fu colpita da una violenta tempesta da sud-ovest che gettò in costa molte delle navi che si trovavano troppo vicine all’Irlanda. La Trinidad Valencera (42 cannoni) si incagliò nella baia di Kinnagoe nella contea di Donegal e i sopravvissuti furono massacrati dalle pattuglie di sorveglianza, aiutate dagli irlandesi del posto. Un destino simile capitò ai naufraghi delle tre navi della squadra del Levante Lavia (25 cannoni), Juliana (32 cannoni) e Santa Maria de Vison (18 cannoni) che affondarono al largo di Streedagh Strand nella contea di Sligo. Più di seicento corpi furono gettati a riva dalle onde e i pochi marinai sopravvissuti furono subito massacrati.
Una seconda violenta tempesta alla fine di settembre fece affondare molte altri navi dell’Armada, tra cui la Santa Maria de la Rosa, che colò a picco
al largo della contea del Kerry, e El Gran Grin (28 cannoni), che fece naufragio al largo delle coste del Connaught. Il peggiore di questi naufragi però fu probabilmente quello della galeazza Girona (50 cannoni), nave ammiraglia di Don Alonso de Leiva, comandante della squadre delle galeazze.
La galeazza, un ibrido tra una galea e un galeone, capace di navigare sia a vela sia a remi, aveva a bordo ben 1.300 uomini molti dei quali reduci da precedenti naufragi. La nave tentò di sfuggire alla tempesta navigando verso est in direzione della Scozia, ma fu gettata a terra a punta Lacada, in Ulster. Solo un centinaio di marinai riuscì a salvarsi.
Delle 138 navi con 24.000 uomini che erano partiti con l'Armada, circa 45 unità con più di 10.000 marinai andarono perduti. Questo disastro non fu il risultato del valore degli inglesi, ma fu causato da una serie di tempeste anomale di violenza paragonabile a quella degli uragani.
Questa orribile fine dell’invasione di Filippo II fu occasione di grandi celebrazioni in Inghilterra. La propaganda protestante proclamò che le tempeste erano la prova che Dio era contro gli spagnoli e invece difendeva la fede protestante. Date le proporzioni del disastro non avevano tutti i torti e perfino il devoto Filippo II attraversò una profonda crisi nella sua incrollabile fede in Dio e nella causa cattolica.
Sebbene il duca di Medina Sidonia si addossasse tutta la responsabilità per la disastrosa campagna, Filippo II lo protesse dai critici e insistette perché rimanesse al suo posto.
Considerazioni finali
La Grande Impresa di Filippo era fallita, non per qualche errore dei comandanti o dei marinai spagnoli ma a causa di un pugno di brulotti inglesi e perché il piano era troppo complicato. Gli inglesi non riuscirono a impedire agli spagnoli di arrivare fino a Calais e se l’esercito spagnolo si fosse imbarcato a Lisbona o a La Coruña il destino dell’Inghilterra di Elisabetta I sarebbe potuto essere diverso.
Nonostante la disfatta dell’Armada venga di solito inserito nel pantheon dei momenti cruciali della storia inglese, in realtà non modificò affatto i rapporti di forza europei sul mare. L’Inghilterra, che era già una grande nazione marinara, continuò a dettar legge sugli oceani.
Oggi diversi relitti dell’Armada spagnola sono stati individuati dagli archeologi subacquei. Colin Martin dell’università di St. Andrews in Scozia ha scoperto ed esplorato sia l’El Grand Grifon a Fair Isle sia la La Trinidad Valencera a Donegal.
I relitti ci hanno fornito preziosissime informazioni sul modo in cui le navi erano armate, su come vivevano i marinai e su come erano costruiti gli scafi. L’archeologo Robert Stenuit ha condotto una campagna di scavi sulla galeazza Girona da cui è stato recuperato lo scintillante schieramento di strumenti di navigazione, monete ed effetti personali, ora esposto all’Ulster Museum vicino a Belfast. Scoperte simili sono state compiute a Streedagh Strand, nella baia di Tobermory in Scozia e al largo della contea di Kerry. Da questi relitti sono state già ottenute inestimabili informazioni, e si spera che future scoperte in altri scavi possano rivelarci informazioni sempre più affascinanti sugli uomini e le navi della grande Armada di Filippo II.
Queen Elizabeth I: Against the Spanish Aramda, 1588 | Il link porta a una pagina dalla Fordham University che riporta il discorso attribuito alla regina Elisabetta alla vigilia della bttaglia. |
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