La battaglia di Montaperti, una delle più importanti del medioevo italiano, fu combattuta il 4 settembre 1260 nei pressi di Siena tra le truppe della coalizione ghibellina guidate dai senesi e quelle dell'alleanza guelfa sotto il comando dei fiorentini. Lo scontro si insersce, a livello generale, nella secolare opposizione tra fautori del potere imperiale e partigiani del potere papale, e a livello più ristetto nella perenne rivalità tra Firenze e Siena.
La battaglia di Montaperti in un manoscritto di Gianni di Ventura (Bibl. Com. Siena)
Questa rivalità, a livello politico, era dovuta al fatto che Firenze ambiva estendere il proprio controllo su tutta la via Francigena, cioè l'importante strada che univa Roma al nord Europa e che nel XIII secolo passava per la Toscana orientale, e arrivare a possedere uno sbocco sul mare. Sul piano economico lo scontro tra le due repubbliche era legato alla concorrenza che i banchieri senesi esercitvano nei confronti di quelli fiorentini sulle principiali piazze europee.
La causa contingente del conflitto che avrebbe portato alla battaglia di Montaperti fu il mancato rispetto da parte senese degli accordi siglati nel luglio del 1255 al termini di un'altra guerra, conclusasi con la vittoria di Firenze. In quella circostanza venne imposto agli sconfitti di non offrire rifugio a quanti fossero stati banditi da Firenze o dalle città sue alleate. I senesi però erano già impegnati da un patto segreto, risalente al 1251, ad aiutare i ghibellini fiorentini e quando questi vennero cacciati dalla loro città nel 1258 trovarono rifugio proprio a Siena. Uno dei capi della parte ghibellina era Farinata degli Uberti. La guerra divenne inevitabile e scoppiò alla fine di quello stesso 1258.
Il primo anno del conflitto trascorse senza risultati decisivi. I guelfi fiorentini attaccarono in Maremma, a sud di Siena, occupando e poi perdendo alcune località. Nella primavera del 1260 un esercito guelfo di circa 30.000 fanti e 3000 cavalieri assediò per qualche tempo Siena prima di ritirarsi senza aver concluso nulla. Secondo una notizia del cronista fiorentino Villani, quasi certamente falsa, Farinata degli Uberti avrebbe proposto in questa circostanza di lasciar volutamente massacrare i cavalieri tedeschi durante una sortita dalle mura per spingere l'imperatore Manfredi a una vendetta esemplare contro Firenze. In realtà massicci aiuti da parte di Manfredi erano già in viaggi e infatti l'assedio fu tolto. Quando i Senesi in estate attaccarono Montalcino, una piccola città alleata di Firenze, l'esercito guelfo per rappresaglia andò ad accamparsi, alla fine d'agosto, a cinque km appena a sud-est di Siena, nella convinzione che la propria schiacciante superiorità numerica sulle truppe senesi (che potevano contare su 18.000 fanti e 1600 cavalieri) sarebbe stata sufficiente per ottenere la resa dei nemici.
I guelfi, di fronte alla decisione dei nemici e forse ingannati sul loro numero, decisero di ritirarsi e all'alba del 4 settembre cominciarono a smontare l'accampamento. I ghibellini però, il cui morale doveva essere molto alto, organizzarono un piano molto audace: mentre il grosso del loro esercito attaccava frontalmente il nemico, un forte distaccamento avrebbe compiuto una manovra aggirante sul fianco sud dell'esercito guelfo. Si trattava di una mossa molto rischiosa: infatti, mentre il primo distaccamento senese prendeva segretamente posizione prima delle sette, il grosso dei fanti senesi e dei loro alleati impiegava diverse ore per attraversare l'Arbia e schierarsi nella pianura sotto gli occhi dei guelfi. Se questi avessero attaccato improvvisamente, i ghibellini si sarebbero senza dubbio trovati in una difficilissima situazione. Invece i guelfi si limitarono a spostare verso sud le loro truppe, attestandole su una solida posizione difensiva in cima a un crinale. Lo scontro iniziò probabilmente verso le dieci, quando la cavalleria ghibellina, formata da cavalieri tedeschi, attaccò la cavalleria guelfa, schierata sul fianco destro, dando vita a una mischia feroce. Poco dopo anche la fanteria senese attaccò le truppe guelfe e il combattimento divenne generale. Col passar del tempo, nonostante l'eroismo dei ghibellini, la superiorità numerica dei guelfi fece sentire il proprio peso respingendo gradualmente i nemici nella piana dell'Arbia. Verso le tre del pomeriggio, vedendo la difficile situazione, il comandante delle truppe che scortavano il carroccio senese decise autonomamente di abbandonare la sua posizione nelle retrovie per accorrere in aiuto ai suoi. Ma la mossa decisiva fu il segnale per il distaccamento che dalle prime luci dell'alba stava nascosto dietro lo schieramento nemico: verso le cinque del pomeriggio questi quattrocento uomini circa attaccarono di sorpresa e alle spalle le truppe guelfe, riuscendo quasi subito a uccidere il comandante fiorentino. Fu l'inizio della rotta: a migliaia, i fiorentini e i loro alleati cercarono scampo chi fuggendo verso nord attraversando l'Arbia chi rifugiandosi nell'accampamento della sera prima. Come sempre avveniva nelle battaglie dell'antichità, fu in questa fase di fuga scomposta e disordinata che l'esercito sconfitto subì le perdite maggiori, quelle che fecero "l'Arbia colorata in rosso" (Inf. X, 86): gli ordini dei ghibellini infatti erano di non accettare prigionieri e di non perdere tempo nel saccheggio del campo avversario. Le perdite ghibelline furono di circa 600 morti e 400 feriti; quelle guelfe molto più elevate, circa 10.000 morti e 20.000 prigionieri
Fonti | Cap. 79 della Cronica del Villani |
Testi di riferimento | |
Autore | Roberto Marchionni |
Titolo | Battaglie senesi. Montaperti |
Casa editrice | Roberto Marchionni Editore |
Data di pubblicazione | 1996 |
Pagine | 47 |