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I vascelli da guerra nel '700


I grandi vascelli da guerra al tempo in cui avveniva in Inghilterra la rivoluzione industriale avevano da tempo raggiunto la loro forma definitiva, e vennero scarsamente influenzati dalle invenzioni effettuate in quel periodo.
Essi erano delle sofisticate "macchine da combattimento" in cui ogni dettaglio era finalizzato a un unico scopo: portare il maggior numero possibile di cannoni  a contatto con il nemico. La loro evoluzione tecnica fu assai lenta, tanto che un marinaio della fine del Cinquecento si sarebbe probabilmente orientato senza troppe difficoltà su una nave dei primi dell'Ottocento. Il progettista infatti si limitava sostanzialmente a copiare le linee d'acqua di una nave precedente che aveva dato buona prova di sé, modificandone eventualmente solo qualche dettaglio. In questo modo si era sviluppata una sorta di "evoluzione naturale" che era arrivata a una forma finale non facilmente modificabile sulla base della tecnologia costruttiva e militare disponibile a quel tempo

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Le navi ai primi del 600

Quando nei primi decenni del XVII secolo si scatenò una specie di corsa agli armamenti, dovuta alla Guerra dei Trent'anni allora in corso, si cercò anche di introdurre delle sensibili modifiche all'impostazione che l'esperienza aveva dimostrato essere funzionante, ma i rischi di un tragico fallimento erano molto elevati, dal momento che non era possibile provvedere sulla base di modelli matematici neppure approssimativi il comportamento della nave una volta varata. Per esempio il grande vascello svedese Vasa, varato nel 1628, orgoglio della marina di re Gustavo Adolfo per le sue dimensioni e soprattutto per le sue alte sovrastrutture di poppa, naufragò con gravi perdite umane nel porto di Stoccolma durante il suo viaggio inaugurale per una imprevista mancanza di riserva di galleggiabilità: alla prima raffica si capovolse e affondò.

Il primo grande vascello  fu il Sovereign of the Seas, di 1530 tonnellate, varato in Inghilterra nel 1637, che venne considerato il modello per la tipologia delle navi da guerra di grandi dimensioni. Una unità di questo genere portava 100 cannoni su tre ponti di batteria e rappresentava il massimo della potenza sul mare nel corso del Seicento.

I francesi risposero nello stesso anno con la Corunne, grande nave progettata per la prima volta "a tavolino": sfortunatamente per la Francia le difficoltà tecniche da superare per la costruzione di una nave di queste dimensioni erano eccessive per le maestranze disponibili in quel momento, e la Corunne riuscì male e non poté mai essere impegnata in combattimento. In questo periodo, e per molto ancora, veniva adottata una caratteristica sezione maestra detta " tumble-home", in cui la larghezza del ponte principale era sensibilmente minore della larghezza al galleggiamento.

thumble home

Si ottenevano con ciò due importanti risultati: al momento dell'abbordaggio i ponti restavano separati da uno spazio aperto, favorendo la difesa; inoltre, i cannoni più pesanti, situati nei ponti inferiori, fornivano un momento di raddrizzamento migliore. Per contro, appena lo  sbandamento del vascello superava un certo angolo la spinta di galleggiamento diminuiva aumentando l'instabilità della nave.


Le guerre anglo-olandesi

Le guerre anglo-olandesi

Dopo la metà del Seicento la marina britannica dovette affrontare due difficili guerre contro gli olandesi per il controllo del traffico marittimo. In questi conflitti si cominciò a disporre per il combattimento le navi in linea di fila, in modo da poter sfruttare al massimo la potenza di fuoco dei cannoni (che, naturalmente, essendo disposti solo sulle fiancate sparavano quasi esclusivamente al traverso). Le navi sufficientemente robuste e armate per poter sostenere un combattimento di questo tipo vennero dette appunto "navi di linea".

Se l'ammiraglio comandante riusciva a far sì che la sua linea di fila rimanesse compatta e in ordine anche durante il combattimento aveva molte probabilità di vincere la battaglia, perché le sue navi si potevano aiutare a vicenda e, se lo schieramento avversario veniva scompaginato, potevano anche circondare qualche vascello nemico e costringerlo ad arrendersi. Durante le battaglie navali in effetti era raro riuscire ad affondare una nave nemica, perché lo spessore delle murate in quercia (50-60 cm) le rendeva impenetrabili alle palle piene sparate dai cannoni del tempo, a meno forse che venissero tirate a bruciapelo. Per la necessità fondamentale di mantenere lo schieramento di linea, inoltre, era raro che si riuscisse a catturare o comunque mettere fuori combattimento più di qualche unità nemica, prima che la flotta sconfitta si ritirasse.


Battaglia navale stampa di Hollar

In questa stampa dell'artista boemo Hollar vediamo una ideale battaglia navale della metà del Seicento, nella quale le navi si dispongono su una lunga fila per opporre al nemico il massimo volume di fuoco possibiile. (fonte. Wenceslaw Hollar Collection della University of Toronto)



La divisione delle navi in "classi"

Per motivi economici, fino alle guerre ango-olandesi comprese era usuale, soprattutto da parte degli olandesi,  requisire molti grandi velieri mercantili, riempirli di cannoni e mandarli a combattere. I risultati bellici però erano scarsi, perché le flotte finivano per essere composte di navi troppo eterogenee tra loro. Furono gli inglesi i primi a capire che per manovrare in modo efficace le flotte bisognava disporre di navi con caratteristiche di dimensioni, armamento, velocità almeno approssimativamente uguali. Di conseguenza le navi vennero divise in classi, in base non tanto alle dimensioni quanto al numero dei cannoni.

In Gran Bretagna le classi erano sei: i vascelli di prima classe imbarcavano almeno 100 cannoni; quelli di seconda classe tra gli 80 e i 98; quelli di terza tra i 60 e i 74 cannoni. Queste prime tre classi erano le uniche ritenute in grado di affrontare un combattimento in linea di fila, e le navi che le componevano erano perciò dette "di linea". Le navi con 90-100 cannoni o più sono i cosiddetti "tre-ponti", perché le loro bocche da fuoco sono disposte appunto su tre ponti di batteria, dai quali le armi spuntano attraverso delle specie di "feritoie" quadrate chiuse, durante la navigazione, da portelli incernierati. Il ponte inferiore era talvolta a soli 60-70 cm dall'acqua e spesso i suoi cannoni non possono venire usati per via delle onde. Le navi immediatamente più piccole, con 60-80 cannoni, avevano invece due sole batterie e vengono dette appunto "due-ponti".
I velieri della quarta classe imbarcavano tra i 44 e i 58 cannoni, quelli della quinta tra i 30 e i 42 e quelli dell'ultima classe avevano solo 24-28 cannoni in tutto.

Le Fighting Instructions inglesi del 1665 precisavano che in caso di battaglia queste navi dovevano disporsi "a fianco dell'ammiraglio sul lato lontano dal nemico". In ogni caso una norma non scritta dell'etica navale di quei secoli voleva che i vascelli non aprissero il fuoco contro le unità minori.
Fino al Settecento, comunque, la suddivisione delle navi in classi o "ranghi" era piuttosto aleatoria, tanto che spesso una stessa nave veniva "promossa" alla categoria superiore o "degradata" a quella inferiore in funzione delle influenze, delle ambizioni e delle ricchezze personali del capitano.

Il criterio fondamentale restava sempre quello del peso della bordata, dal momento che tutto in un vascello da guerra è finalizzato a questo. I cannoni usati per armare questo navi prendevano il nome dal peso delle palle che sparano, espresso in libre (0,404 kg circa): abbiamo perciò cannoni da 36, 24, 18 libre. Qualche rara volta venivano imbarcati anche cannoni più pesanti (45 libre) o più leggeri (12 libre). I cannoni però erano spesso mescolati in modo confuso, a volte in una stessa batteria, e questo complicava gli approvvigionamenti: il cammino verso la standardizzazione delle armi fu molto lungo.





Alberi e vele

Alberi e vele

L'attrezzatura dei velieri era sostanzialmente identica per tutte le navi, a prescindere dal tipo e dalla nazionalità, anche se naturalmente esistevano delle differenze dovute alle singole tradizioni e alle dimensioni: per esempio, gli inglesi abbandonarono prima dei francesi l'uso della vela latina sull'albero di mezzana, sostituendola con la randa aurica, più maneggevole. Gli alberi erano costruiti in tre tronconi: albero maggiore era detto il pezzo inferiore, albero di gabbia quello intermedio e alberetto quello superiore. Quelli inferiori erano a loro volta ricavati non da un unico pezzo d'albero ma da un complicato sistema di incastri longitudinali che permetteva di partire da un "cuore" centrale e di ingrandire progressivamente la circonferenza dell'albero fino a raggiungere il diametro voluto (tra i 90 e i 100 cm). Il tutto veniva tenuto insieme da cavi strettamente avvolti sull'albero a intervalli oppure, più tardi, nella prima metà dell'Ottocento, da collari in metallo infilati sull'albero dopo essere stati dilatati col calore. Quando si raffreddava il metallo si restringeva e compattava gli elementi di legno dell'albero. Normalmente si ponevano tre cerchi ai piedi degli alberi maggiori e quattro o cinque al colombiere (cioè la parte superiore dell'albero maggiore, cui andava poi fissato l'albero di gabbia).
Ciascuna sezione dell'albero sosteneva un pennone e ciascun pennone una vela quadra: lo schema generale della velatura tra il Seicento e l'Ottocento è così fissato una volta per tutte. Le vele più importanti erano indubbiamente le gabbie, cioè le vele intermedie: anche se le vele collocate più in basso, dette trevi, avevano maggiori dimensioni e perciò fornivano una spinta più intensa, le gabbie erano più maneggevoli al momento delle manovre (per esempio durante una virata in prua) e quindi erano sempre spiegate. Le  vele più alte (i "velacci") erano vele da bel tempo.

UNa tavola del Falconer

In questa tavoal tratta dal Dictionary of the Marine di William Falconer (1780) vediamo a sinistra le vele cosiddette "quadre" (anche se erano trapezoidali) di un piccolo vascello: quella in basso si chiamava "trevo", quella intermedia "gabbia" e quella più in alto "velaccio". Fonte: National Library of Australia






L'albero  forse più caratteristico era però il bompresso, l'albero inclinato tra i 30° e i 36° rispetto alla superficie del mare e sporgente dalla prua della nave. Il bompresso era presente già sulle navi antiche (a quel tempo si chiamava "dolone") perché la sua funzione era essenziale:  permettendo di aumentare sensibilmente la superficie velica spiegata all'estrema prua aiutava a equilibrare la spinta delle altre vele che altrimenti avrebbe fatto orzare eccessivamente la nave. Fino al Settecento inoltrato il bompresso sosteneva delle vele quadre, poi si passò ai fiocchi, molto più razionali, pratici ed efficienti. Contemporaneamente ai fiocchi vennero introdotte anche le vele di straglio, che permettevano di sfruttare in modo razionale lo spazio tra gli alberi. La superficie delle vele quadre poteva essere poi aumentata con un sistema di vele e di pennoni "retrattitili" che venivano "dati fuori" solo col bel tempo.






La vita media dei vascelli

Le caratteristiche strutturali dei vascelli dipendono ovviamente dai mari in cui operano prevalentemente: le navi inglesi, che devono navigare e combattere nel mare del Nord, nella Manica e nell'Atlantico settentrionale, tendono a essere robuste, solide e sottotelate, per poter affrontare le tempeste oceaniche. La navi francesi invece, che devono tener conto anche delle condizioni mediterranee, sono in genere più grandi e più invelate, ma subiscono più danni quando affrontano il maltempo oceanico. La vita media di un vascello del Seicento è 25 anni; alla fine del Settecento, raramente supera i 15 (a prescindere ovviamente dagli eventi bellici). La ragione di questo apparente regresso è una migliore capacità di calcolare i costi di gestione e di pianificare l'attività dei cantieri. In altre parole ci si è resi conto che le riparazioni costano e che arrivati a un certo punto è più conveniente smantellare la vecchia nave e costruirne una nuova. Ci sono le eccezioni: la Victory di Nelson aveva già più di 30 anni a Trafalgar. Ma in genere le cose vanno diversamente. Un vascello può essere varato 18 mesi dopo il momento dell'impostazione, e consegnato alla marina dopo altri 6 mesi di allestimento. Dopo cinque anni circa, la nave viene sottoposta a un primo ciclo di lavori, che la mette in grado di navigare per altri quattro anni; giunto ai nove anni di servizio, il vascello deve essere raddobbato in modo radicale per poter essere di qualche utilità reale per 4-5 anni ancora. Questo secondo ciclo di lavori, da solo, costava circa il 40% del prezzo di una nave nuova. Quando anche questi interventi non bastano più, solo valutazioni di ordine politico (avere flotte numerose) o militare (una guerra in corso) possono salvare la vecchia nave dalla demolizione.





La Victory

Un esempio: la Victory

L'unica grande nave da guerra del Settecento che sia giunta intatta fino a noi è proprio la nave ammiraglia di Nelson a Trafalgar. La Victory venne impostata nel 1758 e varata nel 1765 nell'Old Single Dock di Chatham. Questo lungo intervallo di tempo tra l'inizio della costruzione e il varo, dovuto al fatto che in quel periodo l'Inghilterra stava vincendo la guerra dei Sette Anni e dunque non c'era più urgenza di grandi navi da guerra, ha permesso agli 8500 m3 di legname impiegati (equivalenti a 8 ettari di foresta) di seccare perfettamente e ha quindi garantito la longevità dell'ossatura e del fasciame. Lungo 57,6 m tra le perpendicolari (69 m dalla polena alla poppa estrema), largo 15,8 e con una stiva profonda 6,5 m, questo vascello ha una stazza di 2200 tonnellate: il suo albero maestro ha un diametro di circa un metro e la punta più alta dell'alberatura si trova a ben 61 metri sul livello del mare. Il suo armamento iniziale era costituito da 100 cannoni. Prima di combattere a Trafalgar, la Victory si era già distinta in molte battaglie contro i francesi e gli spagnoli. La grande nave viene messa in disarmo nel 1799 (aveva già più di trent'anni di vita), poi ristrutturata completamente negli anni successivi e rimessa in servizio nel 1803, alla vigilia della campagna di Trafalgar. Venne semplificata la decorazione poppiera e soprattutto modificato l'armamento: 30 cannoni da 32 libbre, collocati sul ponte inferiore, 28 da ventiquattro libbre sul ponte intermedio, 42 da dodici libbre sul ponte superiore, sul castello di prua e nel sottocassero, più alcune carronate (cannoni a corto rinculo usati nelle azioni ravvicinate per sparare a mitraglia). La Victory, come tutti i vascelli, era letteralmente stipata di uomini: il suo equipaggio era formato da 850 uomini, che dormivano, a turni, in amache appese nei ponti di batteria, direttamente sopra i cannoni. Da notare che non ci sarebbe letteralmente stato spazio sufficiente a far dormire contemporaneamente tutto l'equipaggio. Nelson invece aveva a disposizione un appartamento composto da un salone di lavoro aperto sulle nove finestre di poppa, da una sala per i pranzi ufficiali con una superficie di circa 65 m2 e una camera da letto grande circa 3,6 m per 6.

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Polena di prua
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Una grande ancora fissata sulla fiancata Una grande ancora fissata sulla fiancata
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