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Il Vasa

Indice dell'articolo
Il Vasa
La tragedia
Il processo
Le cause del disastro
Il recupero
Il museo


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Il Vasa è il più antico vascello esistente al mondo. Varato nel 1628, affondò nel porto di Stoccolma durante il suo viaggio inaugurale, e fu recuperato solo nel 1961. Studiando questo eccezionale reperto è possibile entrare in contatto diretto con la tecnologia navale e le condizioni di vita a bordo di una grande nave del periodo della guerra dei Trent'anni. Il Vasa è oggi è ospitato in un grande museo a Stoccolma.


Il Vasa è un vascello da 64 cannoni, che rappresentava al momento del varo uno dei massimi esempi della cantieristica navale del XVII secolo. Le sue dimensioni sono le seguenti:

lunghezza fuori tutto m 69
lunghezza tra le perpendicolari m 47,5
larghezza massima m 11,7
altezza (dalla chiglia alla formaggetta dell'albero di maestra) m 52,5
dislocamento 1.210 tonnellate
superficie velica 1.275 m2
armamento 64 cannoni
equipaggio 145 marinai e 300 soldati


La tragedia  sort0

Immaginatevi di starvene seduti a pescare su un molo del porto di Stoccolma o a passeggiare sulle sue rive, il pomeriggio del 10 agosto 1628. Fa caldo, il sole splende, soffia una brezza moderata. È domenica, e la folla si accalca accanto a voi, vi trascina, vi spinge. Tutti vogliono vedere partire il possente Vasa, il vascello del re da tre anni in costruzione nel cantiere di Skeppsgarden e ora finalmente pronto per raggiungere il suo signore e sovrano, re Gustavo Adolfo.
Eccolo! Sono circa le cinque. La nave che tutti attendono è dovuta uscire dal ridosso dell'isola di Skeppsholmen tonneggiandosi sulle ancore a causa del vento di sudovest, ma adesso sta spiegando le sue vele, bianche come ali di gabbiano, sulle acque del porto. Ecco, un raffica lo fa sbandare: il vascello si inchina, poi si raddrizza. Tutta la folla si sbraccia in saluti eccitati e festosi. Quale nemico oserà affrontare questa nave? Ancora una raffica, un po' più forte: il Vasa si inclina dolcemente, un po' di più, ancora un po'...
Improvvisamente le vele cominciano a sbattere, gli uomini sul ponte, piccoli puntini a quella distanza, corrono freneticamente su e giù: e il grande vascello è ancora lì, sempre più sbandato, ormai fermo, l'acqua che arriva al ponte di coperta, poi lo scavalca. La folla prima non capisce, poi un voce corre da un capo all'altro del porto: il Vasa sta affondando!
In pochi minuti la tragedia si compie, e il grande vascello del re conclude il suo viaggio inaugurale posandosi su un fondale di una trentina di metri fronte a Beckholmen.

Il processo  sort0

Il disastro ebbe una risonanza enorme, per la quantità di testimoni che vi avevano assistito. Venne immediatamente costituita una commissione di inchiesta, che all'alba del giorno successivo al naufragio interrogò il capitano Söfring Hansson, un danese al servizio di Gustavo Adolfo.
Il verbale di questo interrogatorio è arrivato fino a noi, e dimostra che la commissione pensò per prima cosa a una negligenza, come un errore nel carico della zavorra (che era stata imbarcata pochissimo prima della partenza) o un mancato fissaggio dei cannoni. Il capitano negò decisamente, e precisò che essendo domenica molti membri dell'equipaggio era stati a messa e in ogni caso non erano ubriachi (il che, a quanto pare, doveva essere la norma).
La colpa, disse in sostanza, era di chi aveva progettato e costruito la nave. Jöran Matsson, un ufficiale, rivelò alla commissione un inquietante particolare: poche ore prima della partenza era stato effettuato un test per valutare la stabilità della nave. Trenta uomini erano stati fatti correre da una banda all'altra del ponte di coperta, ma dopo tre passaggi si era dovuto interrompere precipitosamente la prova: il Vasa, senza ancora uno straccio di tela a riva, aveva già rischiato seriamente di ingavonarsi. Era presente l'ammiraglio Klas Fleming, uno dei capi della marina svedese e forse l'unico che avrebbe potuto bloccare il Vasa. Il suo unico commento, secondo Matsson, fu: "Se solo ci fosse Sua Maestà!" Evidentemente, nessuno poteva o voleva impedire l'esecuzione di un ordine del re.
La commissione a questo punto convocò i responsabili del cantiere che aveva costruito la nave, e per prima cosa scoprì che il progettista, l'olandese Henrik Hybertsson, era morto l'anno prima. Resistendo alla tentazione di scaricargli addosso tutte le responsabilità, la commissione interrogò Hein Jakobsson e Arent de Groot, i capimastri che avevano portato a termine la costruzione. La loro difesa fu molto efficace: i progetti, dissero in sostanza, erano stati approvati dal re in persona. I re, si sa, sono infallibili, e se anche falliscono su qualche trascurabile dettaglio tecnico nessuno li può accusare. L'indagine così si concluse senza individuare un colpevole: nessuno venne punito, e le acque del Baltico sembrarono chiudersi per sempre sulla sfortunata nave svedese e sulla cinquantina circa di persone che aveva trascinato con sé.


Le cause del disastro

La nave, una volta recuperata nel 1961, venne sottoposta a lunghi lavori di restauro e studiata nei minimi particolari, permettendo di risolvere il mistero del suo affondamento.
Si può scartare certamente lo spostamento dei cannoni come causa del rovesciamento: gli affusti erano ancora lì, imbragati da cime che li trattenevano ai loro posti.
Vie d'aqua nell'opera viva non ne vennero trovate: l'acqua si rovesciò all'interno dai portelloni dei cannoni.
La zavorra era stata caricata al completo e sistemata in modo corretto, come constatarono gli archologi quando scesero nella stiva del Vasa.
La nave non era eccessivamente invelata al momento del disastro, perché spiegava solo le gabbie di maestra e trinchetto, il trevo di trinchetto e la mezzana.
La risposta più vicino al vero è l'errore di progetto. In effetti l'opera morta del Vasa è eccessivamente sviluppata: rispetto a un pescaggio di 4,8 metri, la poppa troneggia a più di 12 metri sopra il livello del mare! Poppe così alte a dire il vero erano frequenti nel Seicento, perché non esistendo ancora la ruota del timone si governava manovrando una lunga leva verticale imperniata sulla barra vera e propria: l'altezza della poppa serviva proprio a ospitare queste prolunghe. Ma c'è dell'altro.
Il Vasa era un vascello speciale, che doveva essere il simbolo della potenza svedese nel Baltico e che perciò doveva risponderre a particolari esigenze di "immagine" di Gustavo Adolfo. Perciò, anche se nel profilo e nelle linee d'acqua esso è molto simile alle altre navi del suo tempo, il suo progettista Henrik Hybertsson provò a sovradimensionarlo rispetto ai vascelli che aveva già costruito.
Poiché Hybertsson non disponeva assolutamente di strumenti di calcolo matematico e la nave, visivamente, assomigliava fondamentalmente a tutte quelle che aveva costruito prima, egli non poteva rendersi conto che la nave era troppo alta e perciò instabile. Solo la prova di stabilità fatta subito prima della partenza rivelò questo errore, ma chi aveva la responsabilità e la possibilità di bloccare la nave non ebbe il coraggio di vedere la verità, anteponendo la fretta del re a ogni altra considerazione.
Il Vasa perciò, fondamentalmente, fu un esperimento fallito.



Il recupero


Il Vasa però non era destinato alla fine delle centinaia e migliaia di navi affondate in ogni parte del gli oceani.
Intorno al 1950 Anders Franzén, un giovane professore specialista della storia navale del Baltico, cominciò a interessarsi alla sua storia. Le sue speranze si fondavano sul fatto che nelle acque del Baltico, poco saline, non si trovano teredini, i vermi marini che scavando gallerie nel legno lo distruggono rapidamente. Un relitto come quello del Vasa perciò poteva essersi conservato praticamente intatto per secoli.
In compenso nessuno conosceva più la posizione esatta dell'affondamento del vascello. "Un lungo viaggio comincia con un piccolo passo", dice un proverbio giapponese. Franzén cominciò a fare tutto da solo, e si mise a percorrere in lungo e in largo il porto di Stoccolma con una barchetta, eseguendo rozzi prelilevi dal fondo con un rampino attaccato a una sagola da scandaglio. Per cinque anni Franzén raccolse solo rifuti e resti di pattumiera, ma il 25 agosto 1956 riportò in superficie un frammento di vecchio legno di quercia. Per Edvin Fälting, un subacqueo suo amico, scese sul fondale di trenta metri e confermò: "Sento qualcosa di grosso, il fianco di una nave... Deve essere il Vasa".

Per trovare i fondi necessari si mobilitò tutta l'opinione pubblica, insieme alla fantasia di quanti proponevano nuovi modi per sollevare una nave del seicento dal fondo del mare: congelarla in un enorme blocco di ghiaccio, riempirla di palline da ping-pong... Venne però scelto il sistema più tradizionale, quello con i cammelli. Nel caso del Vasa vennero scavate sei gallerie sotto lo scafo, per le quali occorsero due anni di lavori, e il relitto venne portato alla superficie in sedici passaggi, per i quali occorsero altri 20 mesi. Man mano che la nave risaliva verso la superficie vennero chiusi i fori lasciati dai chiodi arrugginiti, rifatta la poppa (semidistrutta), sostituiti i portelloni dei cannoni in batteria.
Il Vasa rivide la luce del sole il 24 aprile 1961, ed era in condizioni complessive così buone che il 4 maggio, completamente svuotato dall'acqua e dal fango, galleggiava da solo dopo 333 anni.



Il museo

Il Vasa è stato sistemato in una struttura appositamente costruita nei pressi del porto di Stoccolma sull'isolotto di Djurgarden, che consente di ammirare la nave da sette livelli. Dall'esterno l'edificio è facilmente riconoscibile per gli alberi (ricostruiti in acciaio) posizionati sul tetto alla stessa altezza degli originali, a 52,5 metri dalla chiglia.
Le varie aree espositive sono state realizzate con estrema cura e il colpo d'occhio e' impressionante. Il Vasa troneggia con il suo scafo scuro tra ricostruzioni del cantiere, di vita a bordo, filmati, plastici riproducenti le fasi del recupero, computer con programmi multimediali interattivi.
Il museo (inaugurato ufficialmente nel giugno 1990 dal re svedese Carl XVI Gustaf) è il più frequentato museo della Scandinavia e ha toccato recentemente i 16 milioni di visitatori.


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