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Indice dell'articolo

La verità

Le nostre domande

Che cosa significa affermare che una tesi filosofica, una teoria scientifica, un’affermazione di un uomo politico sono vere o false

Quando possiamo dire di conoscere?

Che cos’è la conoscenza?

Le sensazioni sono sempre vere?

Il concetto di verità è un concetto chiave non solo per il discorso filosofico, ma anche per quello scientifico e per quello comune. Che cosa significa affermare che una tesi filosofica, una teoria scientifica, un’affermazione di un uomo politico sono vere o false?

Queste domande richiedono che si definiscano i criteri della verità: a quali condizioni è giustificato affermare, che qualcosa è “vero” o “falso”?

Mentre nella tradizione platonica si può parlare di verità indipendentemente dal pensiero e dai discorsi degli uomini (l’Essere vero, la Realtà vera), per Aristotele si possono applicare in modo sensato le qualifiche di vero e falso solo ai discorsi dichiarativi, cioè alle proposizioni affermative o negative, che descrivono uno stato di cose. In questo caso, oggetto della conoscenza non sono le cose, ma le loro relazioni, i fatti.

Queste riflessioni ci conducono a un tema fondamentale della filosofia: la conoscenza. Quando possiamo dire di conoscere? Che cosa è la conoscenza? In che modo si distingue dall’opinione, dall’immaginazione, dalla fede? Secondo Platone una conoscenza è un’immagine adeguata (di natura mentale) dell’oggetto di conoscenza, mentre per Aristotele una conoscenza è una proposizione vera, cioè una proposizione che descrive i fatti così come sono in realtà.

Ma prima di descrivere la realtà con una proposizione, devo averla percepita. Che ruolo svolge la sensazione nel processo conoscitivo? Platone (FedoneTeetetoSofista) distingue il carattere passivo del «sentire» (áisthesis) dall’atto creativo e formativo del «pensiero» (noûs). Aristotele (De AnimaDe sensu et sensibilibusDe memoria et reminiscentia) non condivide la svalutazione platonica della sensazione e fonda, invece, su di essa l’intero processo della conoscenza.

Parlare di filosofia

Comunità di ricerca

Come si evince dal brano seguente tratto dal Menone, la gnoseologia platonica è caratterizzata dalla divaricazione tra opinione (cioè la conoscenza sensibile) e scienza (cioè la conoscenza intelligibile), cui – sola – competono a pieno titolo i caratteri dell’oggettività e della verità:

Socr. Se uno, che conosce la strada per Larissa o dove vuoi, vi si reca e vi guida altri, non li guida forse correttamente e bene?

Men. Certo.

Socr. E se uno ha una retta opinione su quale sia la strada, senza esserci mai andato e senza conoscerla, non sarà una buona guida anche quest’uomo?

Men. Certo.

Socr. E finché ha una retta opinione su ciò di cui l’altro ha scienza, se crede la verità, ma non la conosce, non sarà affatto una guida peggiore di chi la conosce.

Men. No, affatto.

Socr. L’opinione vera, in rapporto alla correttezza dell’azione, non è affatto una guida peggiore dell’intelligenza: questo è il punto che abbiamo tralasciato poco fa nell’indagine sulle qualità della virtù, quando abbiamo detto che solo l’intelligenza guida l’azione corretta, perché anche l’opinione vera fa questo.

Men. Sembra.

Socr. L’opinione retta, dunque, non è affatto meno utile della scienza.

Men. Con la differenza, Socrate, che chi ha la scienza riesce sempre, mentre chi ha l’opinione retta ora riesce ora no.

Socr. Come dici? Chi ha sempre una retta opinione non riesce sempre finché opina rettamente?

Men. È necessario, mi sembra; sicché, Socrate, se è così, mi stupisce che la scienza sia apprezzata più dell’opinione retta e mi chiedo perché siano distinte una dall’altra.

Socr. Sai perché ti stupisci o te lo dico io?

Men. Dimmelo.

Socr. Perché non hai fatto attenzione alle statue di Dedalo. Ma forse da voi non ve ne sono neppure.

Men. Perché dici questo?

Socr. Perché anche queste statue, se non sono legate, fuggono e se la svignano, mentre se sono legate, restano.

Men. E allora?

Possedere una delle statue di Dedalo slegata non vale un gran prezzo, è come avere uno schiavo fuggitivo: non stanno ferme; possederla legata vale molto, perché sono opere molto belle. A che riguardo dico questo? Riguardo alle opinioni vere. Le opinioni vere, per tutto il tempo in cui stanno ferme sono un bel possesso e producono ogni bene, ma non vogliono star ferme per molto tempo e fuggono dall’anima umana, sicchè non valgono molto, finchè qualcuno non riesce a legarle con un ragionamento causale. Ma questo, caro Menone, è reminiscenza, come abbiamo riconosciuto in precedenza. Quando sono legate, diventano in primo luogo scienze e poi stabili. Per questo la scienza è apprezzata più della retta opinione: la scienza differisce dalla retta opinione per la sua concatenazione.

(Platone, Menone, 97a-98°, Laterza, Roma-Bari 1997)

Dopo aver letto attentamente il testo proposto, discutete intorno all’attualità o inattualità della contrapposizione opinione/verità. Esistono a vostro parere delle verità? O solo opinioni?

1. Considerate le seguenti proposizioni. Quali possono essere definite “opinabili” e quali “vere”?

La nona sinfonia di Beethoven è un capolavoro musicale

Gesù Cristo è morto e risorto dopo tre giorni

In un triangolo rettangolo, il quadrato costruito sull’ipotenusa è equivalente alla somma dei quadrati costruiti sui due cateti

Mangiare la carne è sbagliato

Tutti gli uomini sono creature di Dio

Chi guida deve tenere la destra

Due rette parallele si incontrano all’infinito

La poligamia è reato

I campi di concentramento non sono mai esistiti

L’aborto è un omicidio

Il fumo fa male alla salute

De Gasperi era un grande uomo politico

2. Nel linguaggio quotidiano, usiamo l’aggettivo vero secondo una vasta gamma di accezioni e significati. Provate a sostituire, nelle seguenti coppie di parole, tale aggettivo con un sinonimo corrispondente.

diamante “vero”

storia “vera”

vita “vera”

notizia “vera”

teoria “vera”

(il) “vero” padre

(il) “vero” autore

“vera” lana

“vero” pentimento

“vero” mascalzone

3. Cercate degli esempi, in cui il contrario di vero è falso e altri in cui è apparente.

Botta e risposta

Si definisce innatista una teoria secondo la quale una persona possiede delle conoscenze già da prima della nascita, ovvero la concezione che vi siano conoscenze e concetti, che non vengono appresi tramite l’esperienza.

La teoria del’anamnesi di Platone può essere considerata un esempio di innatismo.

I sostenitori di una visione anti-innatista sostengono, invece, che “non vi è nulla nella mente, che prima non sia stato nei sensi”.

Dividetevi in due gruppi e provate a sostenere, argomentandole, le tesi secondo cui l’idea di bello o l’idea di giusto è innata, oppure che è un’acquisizione dell’esperienza.

Scrivere di filosofia

Saggio

Nel dibattito culturale contemporaneo viene spesso alla luce un’opposizione tra relativisti e anti-relativisti (o assolutisti). I primi sostengono che non esistono verità assolute, ma che ogni teoria va rapportata al contesto umano in cui è stata elaborata. Viceversa, gli anti-relativisti sostengono che esistono posizioni e verità, che non dipendono dal contesto, in quanto universali. Spesso gli anti-relativisti sono coloro che abbracciano una religione.

In realtà, questa opposizione risale ai tempi di Platone e Aristotele, soprattutto nella polemica con la sofistica (riferimenti ai testi).

Scrivi un testo in cui prendi dalla realtà contemporanea una tesi, che si presta a essere relativizzata, e prova a sostenere il suo contrario (per es. dimostra che non è vero che il matrimonio può essere sia monogamico sia poligamico, prendendo una posizione assoluta per uno dei due).

Prova poi a sostenere la relatività di un argomento che, apparentemente, non si presta a essere relativizzato (per es. dimostra che non vi è una differenza netta tra vita e morte).

Testo creativo

Il dialogo è la forma del pensiero platonico, in cui l’acquisizione della verità sulle cose avviene gradualmente, attraverso una distruzione delle opinioni dell’interlocutore (attraverso la contraddizione e la reductio ad absurdum) e la (ri)costruzione della verità – passo passo – per esclusione degli errori. Tale metodo è detto anche dialettico, per il suo procedere binario attraverso un albero di scelte fino alla definizione più appropriata di quanto si stava cercando. È da notare come una filosofia, che rivendica fortemente l’oggettività della conoscenza come quella platonica, si basi, in realtà, su uno stile cooperativo e partecipato come il dialogo, dove si affaccia sempre una molteplicità di posizioni e punti di vista. La scelta del dialogo serve a diffondere la filosofia, la ricerca del vero attraverso una drammatizzazione quasi teatrale della disfida dialettica, che conferisce ai temi trattati una grande plasticità e vivacità. Proprio il contrario del nozionismo meccanico e del dogmatismo.

Scrivi un dialogo (di tipo platonico), in cui usi il metodo dialettico per arrivare alla definizione di “bullismo”. Inscena il dialogo con un immaginario interlocutore, che ha la fama di bullo per aver provocato un disastro a scuola, e parti dando a lui la parola. Egli sostiene che il distruggere, fare scherzi pesanti e irrispettosi, è segno di coraggio e indipendenza dalle autorità, che non capiscono i giovani. Parti dalle sue affermazioni e – portandolo a contraddirsi attraverso un’analisi serrata di ciò che ha fatto e delle sue nozioni di coraggio e indipendenza – conducilo a ridefinire il suo comportamento.

Cassetta degli attrezzi

Induzione e deduzione

«[81a] [...] noi impariamo o per induzione, o mediante dimostrazione. Orbene, la dimostrazione parte [81b] da proposizioni universali, mentre l’induzione si fonda su proposizioni particolari; non è tuttavia possibile cogliere le proposizioni universali, se non attraverso l’induzione, poiché anche le nozioni ottenute per astrazione saranno rese note mediante l’induzione, quando cioè si provi che alcune determinazioni appartengono ad un singolo genere in quanto tale, sebbene non risultino separabili dagli oggetti della sensazione. D’altro canto, è impossibile che chi non possiede sensazione venga guidato induttivamente. La sensazione si rivolge infatti agli oggetti singolari: in tal caso, non è possibile acquistare la scienza di questi oggetti, dato che da proposizioni universali non la si può trarre senza induzione, e che mediante l’induzione non la si può raggiungere senza la sensazione.»

(Aristotele, Opere, vol. I, Laterza, Bari 1973)

Il ragionamento induttivo parte dall’esame di uno o più casi particolari, per giungere a una conclusione la cui portata si estende al di là dei casi esaminati.

Per contro, il ragionamento deduttivo parte sempre da un postulato, ovvero da una verità assoluta che non ha bisogno di verifica, quindi deduce, attraverso un ragionamento logico, una serie di fatti tutti giusti e consequenziali.

1. Un tacchino, in una fattoria statunitense, decise di formarsi una visione del mondo scientificamente fondata. Nel primo giorno osservò che il padrone gli aveva portato da mangiare alle 9.00, evento che colpì in modo particolare il suo intuito di osservatore scientifico.

Il giorno dopo, il fatto si verificò nuovamente, e lo stesso accadde nei mesi successivi, indipendentemente dalle condizioni climatiche, dal colore del vestito del padrone, dal fatto che questi fosse solo o in compagnia. Il tacchino ne trasse, dunque, la seguente decisa inferenza: “indipendentemente dal tempo, dal colore del vestito, dal fatto che sia solo o in compagnia, il padrone della fattoria mi dà da mangiare alle 9.00 ogni giorno”.

L’inferenza, però, viene confutata in tronco nel Giorno del Ringraziamento, quando il tacchino viene destinato al consumo alimentare come piatto principale della festa americana.

1. Che tipo di ragionamento appli

Il ragionamento induttivo parte dall’esame di uno o più casi particolari, per giungere a una conclusione la cui portata si estende al di là dei casi esaminati.

Per contro, il ragionamento deduttivo parte sempre da un postulato, ovvero da una verità assoluta che non ha bisogno di verifica, quindi deduce, attraverso un ragionamento logico, una serie di fatti tutti giusti e consequenziali.

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