Get Adobe Flash player

Aristotele: l'anima e l'etica


[filo_423]

L'anima per Aristotele
La concezione di anima per noi occidentali, reduci da millenni di cristianesimo, è molto diversa da quella che avevano gli antichi. La parola psychè (yuch), infatti, rappresenta il principio di movimento.
Gli antichi non riuscivano a spiegarsi il motivo per il quale alcune cose si muovono. Platone aveva parlato, nel Timeo, di “un’anima del mondo”, che ne permetteva il movimento. Al contrario di Platone, che vedeva l’anima scissa in tre parti, al fine di giustificare l’esperienza psicologica, Aristotele vede il problema in chiave strettamente ontologica. La dottrina dell’anima deve necessariamente inserirsi all’interno dello schema ilemorfico: di conseguenza l’anima è morfè del corpo, ovvero un principio ontologico, ciò che rende il corpo così com’è.
I viventi però non sono tutti uguali: le loro prestazioni sono differenti e chiaramente riconducibili a tre gruppi.


Esseri viventi che si limitano a vivere (mangiare e riprodursi), ovvero le piante

Esseri viventi che oltre a mangiare, crescere e riprodursi percepiscono il mondo e si muovono, vale a dire gli animali

L’uomo, che è oltre a mangiare, crescere, riprodursi, percepire il mondo e muoversi è consapevole di esistere e vuole agire

Per conciliare il tema della unità ontologia dell'anima e la pluralità delle forma in cui essa appare, Aristotele introduce il concetto di funzione: l’anima è sempre una dal punto di vista ontologica maviene concepita come il centro delle attività grazie alla sua capacità di svolgere funzioni diverse a seconda dei diversi esseri viventi cui appartiene.

Se lo studio dei viventi è problematico, lo è ancora di più quello dell’uomo, dotato di consapevolezza e volontà.
In ultima analisi, tale interpretazione dell’anima potrebbe portare ad affermare che quest’ultima non è immortale, bensì sparisce con la morte dell’uomo, da momento che la concezione ilemorfica prevede con chiarezza che l'anima sia solo la forma del corpo. Aristotele tentò di evitare questo esito indesiderabile sostenendo in un passaggio che l’anima razionale, non avendo bisogno del corpo per svolgere le proprie funzioni, può anche esistere come staccata da esso ed è quindi immortale.
La conoscenza
Per Aristotele anche i processi conoscitivi sono interpretabili in chiave di coppia potenza/atto: l’organo di senso corporeo è normalmente in potenza, ossia in grado di conoscere l’oggetto, ma solo quando si presenta un oggetto da conoscere l’organo di senso passa dalla potenza all’atto. In questo senso l'oggetto, che è in atto, è causa del passaggio della potenza all'atto dell'organo di senso, che prima di conoscere è solo in potenza.
Questo ragionamento si opponeva duramente ai sofisti, che interpretavano anche la conoscenza secondo il loro schema rigidamente dualistico: un uomo, anche vedente, se chiude gli occhi, non vede. Siccome non si può essere contemporaneamente vedente e non vedente, bisogna concludere secondo i sofisti che un uomo con gli occhi chiusi è cieco. Aristotele si appella alla nozione di potenza e atto per evitare questa imbarazzante conclusione: qualora un uomo tenga chiusi gli occhi, non vedrebbe in atto, ma avrebbe comunque la potenza di farlo, e quindi non potrebbe essere considerato cieco ossia non vedente.
Anche l’intelletto, ad un primo livello, sembra funzionare nello stesso modo degli organi di senso corporei: è un qualcosa presente nell'anima che dispone della potenzialità a comprendere gli oggetti che gli vengono presentati e che li comprende effettivamente nel momento in cui gli vengono presentati.
C'è però una grande differenza rispetto alla conoscenza sensibile: gli oggetti dell'intelletto sono razionali, non materiali, e quindi non possono presentarsi direttamente come delle «cose».
Prendiamo per esempio il concetto di quadrato: quando si presenta all'intelletto questo concetto, l'intelletto lo pensa, ovvero riconosce la figura con quattro lati esattamente uguali (non esiste nessuna figura materiale con i quattro lati esattamente uguali). L’intelletto passivo funziona in modo simile a un programma di informatica: una volta interiorizzata l'informazione, si tratta di una semplice routine che viene fatta girare ogni volta che si presenta quel determinato oggetto intellettivo.
Il problema però si sposta: quando l'anima si ha veramente interiorizzato qualcosa? Quando ha davvero «imparato» qualcosa?
Per descrivere l'esperienza dell'apprendimento Aristotele parla dell’«intelletto che viene da fuori» (nouV qouraqen) per alludere al fatto che l'intelletto riceve dall'esterno l'esperienza del significato di un concetto.


L'etica
Per parlare di etica è indispensabile introdurre il concetto di virtù, in greco aretè. Il termine italiano ha però una forte connotazione moralistica mentre, in greco, significa ciò per cui una cosa è quella determinata cosa e non altre.
Per Aristotele, si è felici quando si realizzano le proprie potenzialità e, quindi, essendo l’uomo una creatura razionale, è felice quando pensa.
Per affermare ciò Aristotele polemizza con le concezioni comuni, per le quali la felicità si ottiene grazie al piacere fisico, la gloria ed il denaro. La felicità è causa di piacere, ma non sempre avviene il contrario e, inoltre, la povertà e la malattia possono rendere impossibile raggiungere tale stato. Secondo il filosofo l’uomo deve essere autonomo nella sua felicità, ma questo non comporta necessariamente che debba compiere una vita da asceta. Per essere felici, infatti, occorrono degli amici ed un po’ di denaro, ed è quindi impossibile per un uomo poverissimo o completamente isolato raggiungere la felicità, tuttavia tali beni non sono sufficienti per essere felici.
In questo modo Aristotele entra in polemica con i cinici, i quali disprezzavano ogni bene materiale. Il maggiore esponente di questo movimento fu Diogene, che viveva all’interno di una botte, ricavando qualche soldo dall’elemosina, dotato solamente di una scodella per bere (della quale si liberò dopo aver visto un fanciullo raccogliere acqua con le mani).
Mentre i cinici miravano ad una vita esageratamente ascetica, Aristotele mirava alla medietas.


Le aretai sono collegate alle forme di anima che Aristotele riconosce.
L'anima vegetativa non è coinvolta nella vita etica.
Per l'anima concupiscibile, ossia quella che vive di desiderio, Aristotele riconosce le virtù etiche, che esprimono la capacità di trovare l'equilibro e il «giusto mezzo» tra due eccessi. Aristotele qui recupera pienamente l'intuizione della sapienza greca che si esprimeva nel celebre detto «meden agan» (medhn agan), ossia «niente di troppo». In quest'ottica, il coraggio è il giusto punto di equilibrio tra la viltà e la temerarietà.
Per l'anima razionale invece il discorso si articola in modo diverso. La ragione pratica, ossia rivolta all'azione, deve individuare i fini e poi scegliere i mezzi per raggiungere quei fini.
Ci sarà dunque una arete per l'uno e per l'altra di queste funzioni.
La capacità di cogliere i fini è detta «sapienza», quella di scegliere i mezzi «sapienza»

Per Aristotele, per esempio, non è sufficiente desiderare la giustizia astrattamente, bensì occorre, per ogni caso, tenere cono dei fattori coinvolti.
Aristotele si rivolge sempre al gentleman ateniese: il nobile con una buona cultura, abbastanza ricco e con qualche amico. Tuttavia Aristotele finisce sempre essere l’archetipo del professore di filosofia, poiché, essendo un meteco privo di diritti politici, può riflettere solo sugli ateniesi. Questo ragionamento lo porterà poi ad affermare che per essere felici occorre fare come fa lui, ossia pensare.


Per il filosofo l’uomo è come un zwon politicon, ossia un animale politico. Tale definizione indica il fatto che l’uomo deve essere inserito in una struttura statale. Lo stato, quindi, non è un male, bensì la normale condizione di vita dell’uomo. Al contrario di ciò che affermerà sant’Agostino, ossia che l’uomo ha il bisogno di stare con dio e di ciò che dirà Epicuro, ossia che occorre vivere sì con amici, ma lontani dalla città, per lo stagirita un uomo che vive isolato non può essere felice.

Questo sito fa uso di cookies di terze parti (Google e Histats) oltre che di cookies tecnici necessari al funzionamento del sito . Per proseguire la navigazione accettate esplicitamente l'uso dei cookies cliccando su "Avanti". Per avere maggiori informazioni (tra cui l'elenco dei cookies) cliccate su "Informazioni"