Midjouney sarà anche un copione che trae “ispirazione” dai migliardi di immagini già esistenti, ma resta comunque capace di produrre immagini inquietanti e “metafisiche”, come questa che potrebbe benissimo essere usata come punto di partenza per una riflessione sul tempo.
Forse la «superbia» dell’uomo occidentale viene dalla concezione del tempo che Cartesio introduce e diffonde. In questo modo di concepire il tempo, il tempo diventa spazio: è descrivibile come una linea infinita, anzi «è» una linea infinita di eventi. Il passaggio dalla descrizione all’essenza è fondamentale. Fin quando dico che il tempo è «come» una linea mi mantengo nel campo delle metafore. Riconosco che il tempo è qualcosa che mantiene il suo lato di mistero inafferrabile e tuttavia tento di dirne qualcosa dicendo qualcos’altro (l’infinitudine) di qualcos’altro (la linea retta). Quando passo al piano dell’esistenza invece non si sono più equivoci: intendo dire che il tempo (o qualsiasi altra realtà) «è proprio quella cosa lì». Nel caso del tempo, pensare il tempo come spazio implica pensarlo come qualcosa che esiste già, come lo «sfondo» di tutto il resto» e come qualcosa che non ha limiti, nel senso che non ha inizio e non ha fine. È qualcosa che non ha una «forma», perché non ha limiti, e quindi non ha nemmeno un vero senso (anche se ha una direzione. Saranno necessarie le scoperte della termodinamica per poter sostenere l’idea che il tempo non è reversibile e quindi in qualche modo…