Questa mattina stavo leggendo un saggio di Galen Strawson (si trattava di Quel che resta dell’Io, ma in reltà non è importante). A un certo punto Strawson cita il “vecchio esempio” di Locke secondo il quale la condizione necessaria e sufficiente per sapere cosa vuol dire “mangiare un ananas” è “mangiare un ananas”. Siccome io non sono uno specialista di Locke sono rimasto un pochino perplesso per questa formulazione (non mi sembrava tanto nello stile di Locke) e ho voluto controllare. Mi sono ricordato senza nessun particolare difficoltà che posseggo una copia del Saggio (un bellissimo libro, tra l’altro, edito da UTET) e che questa copia si trova stabilmente in salotto, nel ripiano della libreria dedicato ai libri della UTET (in seconda fila, è vero: davanti ci sono i Meridiani Mondadori). Io invece erno in studio: quindi mi sono alzato, sono andato in salotto, ho tirato fuori il libro e basandomi sulle precise indicazione di Srawson ho ritrovato il paragrafo che cercavo (scoprendo, come sospettavo, che la formulazione di Locke è molto più semplice e soprattutto incidentale: “se un bambino… non ha gustato un ostria o un ananas non può avere l’idea di queste leccornie”. Locke, Saggio sull’intelletto umano, UTET,…
Però mi chiedo se non avessi fatto meglio a stare di più nel mondo: mi pento pubblicamente, per esempio, di essermi sempre rifiutato di “fare politica”. Io vengo da una di quelle famiglie in cui la politica è “una cosa sporca”. Adesso che vedo lo sfascio di questa società che consegnamo ai nostri figli, mi pento di non aver fatto di più all’epoca, quando forse di poteva ancora fare qualcosa (certo, lo so: il mio contributo da solo non poteva “salvare il mondo”, e viceversa il rischio di compromettersi sul piano morale era molto, molto alto). In ogni caso, adesso mi pento di non aver fatto TUTTO quello che era possibile fare. Così come mi pento di non aver vissuto abbastanza: il momento della riflessione è essenziale, ma per definizione oggettivando la vita ce ne distacca. E’ la vera “malattia mortale”: per vivere da uomini bisogna attivare la facoltà della riflessione, ma la riflessione ci stacca dalla vita. Se vivo, non sono uomo; se vivo da uomo, non vivo più. Ciascuno deve trovare il proprio equilibrio tra questi estremi: io non me la sento di dire “cosa fare”, segnalo solo lo scoglio e la secca (spero in modo chiaro) ai…