Considerazioni sulla scuola italiana

La scuola superiore italiana alla sua radice nasce “umanistica” nel senso migliore del termine, ossia orientata all’umanità dell’essere uomo. Questo è probabilmente un risultato non voluto del suo essere classista per definizione: Gentile voleva che fosse la fucina che preparasse gli studenti alla università, che a sua volta essendo inserita in una Italia non ancora industrializzata puntava soprattutto sulle materie letterarie. Da qui l’idea della “formazione” della persona che rappresenta adesso un tesoro da proteggere. Forse in modo confuso, i docenti italiani hanno interiorizzato l’intuizione della Scolastica per cui “operari sequitur esse”, l’agire (in un certo modo) è una conseguenza dell’esistere (in un certo modo), e hanno concentrato la loro azione sull’ “esse”, lasciando che l’ “operari” ne derivasse come effetto quasi spontaneo. Il che è nobile e vero: rinunciare alla trasmissione dei valori come missione fondamentale del processo educativo è un errore capitale, anche se ha i suoi lati negativi.

Come si fa a valutare l’ “essere” di una persona, per esempio? Valutare qui va inteso nel senso scolastico di “dare una valutazione” ossia un numero. L’essere non è nella categoria della quantità e quindi non ce lo si può ficcare a forza. I voti (in quanto numeri) vanno invece benissimo quando devi misurare la “quantità” di conoscenze che una persona ha a disposizione (ti faccio cento domande di storia, tu rispondi a 40: le tue conoscenze sono insufficienti. Però da questa misurazione non puoi dedurre in modo lineare il giudizio sull’ “essere” della persona, che infatti segue un processo diverso, legato alla relazione tra persone e tra le storie delle persone).

La scelta “umanistica” mette la scuola italiana in rotta divergente rispetto a quello che chiederebbe il mondo del lavoro (ossia Confindustria) che vorrebbe invece ritrovarsi operai e quadri già pronti e formati da immettere nelle fabbriche con un minimo di training sulle macchine. Per questo vorrebbe spingere sulle scuole tecniche e visto che gli ITIS sono “bruciati” punta sugli ITS: come dire, tanto è impossibile raddrizzare l’esistente, quindi ricominciamo daccapo FUORI dalla scuola superiore con regole (immagino) diverse.

Chi è contro la Confindustria sostiene che vuole “servi” privi di senso critico; chi è favore della Confindustria sostiene che vuole solo persone che sappiano lavorare.

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