Sono un insegnante da quasi quarant’anni. Per moltissimo tempo ho salutato mia moglie, al mattino, dicendole: “Ciao, vado a scuola”. Arrivato alla mia età, superati da un pezzo i sessanta, penso di aver sbagliato a usare quella frase per tutto quel tempo. Certo, era una cosa spontanea: in fondo, andavo effettivamente a scuola, nel senso che andavo nell’edificio del mio liceo. Ma in italiano la frase “vado a scuola” ha una gamma di significati che non ha, per esempio, la frase “vado in ospedale” detta da un medico. Dal momento che il medico è sano, la frase può voler dire solo che sta andando in quell’edificio per svolgere il suo lavoro: nessuno ascoltandolo penserebbe che sta andando al nosocomio per farsi curare, o qualcosa del genere.
“Andare a scuola” invece può mantenere una sfumatura diversa: io, come tutti, sono “andato a scuola” per tutti gli anni della mia infanzia e della mia giovinezza (diciassette anni, in effetti, contando l’università e lasciando perdere l’asilo) per imparare, restando in una situazione di subalternità a qualcuno (la maestra, i professori, i docenti universitari). Ripetere la stessa frase adesso può trascinarsi dietro questo vago riflesso di “non lavoro” che era il suo mood principale per tutti quegli anni in cui io ero effettivamente uno studente. In fondo, se dico che “vado a scuola”, ripeto la stessa frase che dice il mio studente a sua madre quando esce di casa, esattamente come me. Insomma, è una frase che mi appiattisce sui miei ragazzi.
Se io invece dicessi “vado al lavoro” o “vado a lavorare”, suggerirei una costellazione di significati del tutto diversa. Il “lavoro” è per definizione un impegno col mondo per trasformarlo in modo stabile. Se “vado a lavorare” dichiaro che sto andando a modificare qualcosa nella coscienza dei ragazzi con cui entrerò in contatto quel giorno, aiutandoli a compiere un passo verso se stessi (perché questo è in essenza il mio lavoro). Dicendo “vado a lavorare” mi prendo un impegno: non vado a occupare un posto nello spazio delle mura scolastiche, ma vado ad assumere una posizione attiva, di lotta contro la resistenza ottusa e passiva del mondo. Una cosa molto diversa, come vedete, dal semplice “andare a scuola”.
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